Ricostruito il tentato omicidio in via Marsala: 2 “invisibili” operai cinesi accusati di essere sicari
Gli investigatori questura di Milano hanno ricostruito alcuni particolari del tentato omicidio di via Marsala a Milano. Nonostante l’arresto dei due cinesi che hanno sparato, le indagini non si fermano. I poliziotti continuano a cercare il movente, proprbilmente di tipo economico, e idi conseguenza il mandante.
Quando tutto è iniziato
I due cinesi si erano mimetizzati perfettamente, come due ombre. Eppure, grazie a un paziente lavoro di incrocio dati tra telecamere, celle telefoniche e tracciamento della targa, gli investigatori della Polizia di Stato sono riusciti a identificarli e a bloccarli. Sono due cittadini cinesi irregolari, operai in due diversi laboratori tessili di Prato (Firenze), ora accusati di tentato omicidio per l’agguato a colpi di pistola contro un connazionale avvenuto lo scorso 26 maggio in via Marsala, a Milano.
In città con una vecchia BMW: così hanno violato le zone B e C
I due uomini erano arrivati a Milano nel pomeriggio dello stesso giorno dell’agguato. Intorno alle 15, hanno fatto ingresso nella città con una BMW del 2010, auto presa in prestito da qualche conoscente, superando i varchi di Area B e Area C senza autorizzazione. Le telecamere cittadine hanno quindi immortalato la loro targa, registrando il passaggio. Un dettaglio che, in un primo momento, poteva sembrare secondario. In realtà, è stato uno degli elementi decisivi che hanno contribuito a ricostruire i loro spostamenti.
Ore ferme in via Marsala, poi l’agguato: gli smartphone non mentono
Secondo quanto emerso dalle indagini, i due si sono fermati in via Marsala per diverse ore, senza muoversi. A tradirli, ancora una volta, è stata la tecnologia: incrociando i dati delle celle telefoniche e quelli delle telecamere di zona, gli agenti hanno notato la presenza costante di alcuni dispositivi mobili, che poi hanno iniziato a spostarsi proprio nei minuti dell’agguato.
Sono partiti tre colpi, probabilmente da una vecchia pistola a tamburo calibro 32. Uno di questi ha ferito di striscio al collo l’imprenditore cinese, bersaglio dell’agguato. Ameno uno dei proiettili è stato recuperato. La dinamica, per gli investigatori, non lascia molti dubbi: l’obiettivo era colpire alla testa. Solo la cattiva mira ha impedito che il reato diventasse un omicidio.
La vittima: un intermediario nel settore dei filler e della cosmetica
L’uomo ferito risulta essere un imprenditore che si divide tra l’Italia, Hong Kong e la Cina. In patria al momento dell’arresto dei due sospettati, è proprietario di una società che commercia botox e filler, prodotti legati alla medicina estetica. Gli investigatori ipotizzano che possa esserci un movente economico dietro il tentato omicidio. Al momento attuale l’imprenditore sembra essere tornato in Cina
La caccia fino a Prato: appostamenti e arresto
La targa della BMW e i segnali lasciati dagli smartphone hanno poi guidato gli agenti verso Prato. Qui, i due sospetti erano tornati sin dalle 6 del mattino seguente al tentato omicidio come se nulla fosse, riprendendo la loro vita da operai in due distinte aziende tessili. Nessun legame familiare noto, abitazioni diverse, turni di lavoro differenti. Entrambi però irregolari sul territorio italiano e già fotosegnalati in passato.
Per settimane, la polizia ha seguito i loro movimenti, documentando le abitudini e i contatti. Il sospetto che si tratti di due sicari ingaggiati su commissione è forte. La figura del possibile mandante è ancora tutta da chiarire. Sono note, per il momento delle tensioni solo con un collaboratore di Hong Kong, ma si suppone che dietro al tentato omicidio possa esserci altro.
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