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Barbara Contini, Lega. A tutto sport per Milano: progetti di integrazione tra normodotati e disabili, bandi

Barbara Contini, oltre ad essere una donna di cultura e un’atleta non vedente è per l’appunto fortemente inserita nel mondo dello Sport e in quello della categoria dei diversamente abili. In seno alla lista della Lega, nella quale è candidata per il consiglio comunale  di Milano, potrebbe fare molto su questo tema. Quali sono quindi le idee?

È noto che lo sport è veicolo di aggregazione ma anche di inclusione. Quali discipline vorrebbe inserire oppure sviluppare maggiormente, nella zona di riferimento per le prossime elezioni? A esempio, esiste il baskin che permette a chi è in carrozzina di giocare assieme agli altri? Esistono sul territorio delle realtà e luoghi per discipline adatte ai non vedenti? “In effetti lo sport ha una forte componente di socializzazione al suo interno, oltre a quella formativa ed educativa. L’aggregazione (parola che è diventata purtroppo negativa a causa del Covid) è prerogativa dello sport – risponde Barbara Contini – La crescita psicologica e nella capacità di relazionarsi con gli altri che è propria dello sport deve essere maggiormente valorizzata, e soprattutto per lo sviluppo e la formazione di chi ha una fragilità. Portare un ragazzino, un giovane ma anche un adulto disabile a praticare uno sport, un qualsiasi sport deve essere un obiettivo inprescindibile per un’amministrazione comunale che ha il compito di essere a servizio dei cittadini”.

Secondo questa logica, sarebbe opportuno scegliere delle discipline da sponsorizzare più di altre? “Non credo sia utile pensare a una scelta a monte. Penso che se ci fosse un ampio ventaglio di discipline tra cui scegliere, sarebbe importante per chiunque seguire le proprie preferenze e le attitudini – continua – Secondo me occorre ragionare su questo punto. A Milano, per ciò che concerne lo sport per ciechi e ipovedenti siamo messi abbastanza bene: esiste la realtà del Gruppo Sportivo Non Vedenti Milano, che offre ai suoi tesserati un’ampia scelta di discipline che vanno dalla semplice ginnastica, passano per il baseball e il tennis per ciechi, fino ad approdare alla scherma, al torbal e allo showdown che sono attività sportive specifiche per chi non vede. Ma questa è una realtà che è nata nel seno dell’Istituto dei Ciechi proprio perché la formazione a tutto tondo di ogni individuo passa anche e soprattutto dal suo benessere psicofisico. Quello che mi piacerebbe vedere – conclude – innanzitutto come atleta, è l’integrazione tra normodotati e disabili, perché credo che nulla più dello sport possa svolgere questo arduo e importantissimo compito”.

Spesso lo sport si riduce al calcio, basket e karate per i maschi e a danza o a pilates per le femmine, oppure ancora palestre e piscine per gli adulti? E’ stata mai presa in considerazione l’idea di proporre altri sport come scherma, baseball, cricket? Ci sono diversi bambini che vorrebbero cimentarsi in essi ma non trovano vicino a loro strutture e realtà che potrebbero avviare questi tipi di sport. Crearne o incentivarne nella zona, non fungerebbe da incentivo e attrazione? Non porterebbe una politica di “democrazia sportiva”? “Palestre e piscine per chi lavora e ha poche ore settimanali da dedicare all’attività sportiva sono un punto di riferimento imprescindibile. Ma si deve far capire alle persone che esiste anche altro. A Milano, per esempio, abbiamo un solo campo in cui si può praticare il tiro con l’arco, in cui sono iscritta e mi alleno. Durante il fine settimana, quando di certo si ha più tempo, vengono ad tirare frecce persone che lo fanno per diletto, per passare qualche ora all’aperto, facendo attività fisica e, perché no, anche quattro chiacchiere con gli amici. Incentivare gli sport cosiddetti minori è importante per far capire che non esistono solo quelle due o tre discipline che raccolgono spazi televisivi. Realtà come la scherma, a Milano, ha aperto anche a non vedenti e ipovedenti, oltre che ai disabili fisici – aggiunge – Le strutture purtroppo sono sempre poche, ma soprattutto difficili da raggiungere in autonomia. Secondo me si dovrebbe ragionare su incentivi per allestire al meglio gli spazi sportivi perché possano accogliere le diverse attività fruibili anche dai disabili. Ma pensiamole anche correlate a quelle dei normodotati. Per alcune discipline sarà certo difficile. Del resto non si può pretendere di avere un campo da golf vicino alla darsena… Ma, perché non ragionare anche sulle prossimità e alla mobilità?”.

Non è raro che le strutture sportive, soprattutto pubbliche o scolastiche (riferite alle scuole che fanno capo al Comune) siano trascurate, fatiscenti, prive o non sufficientemente idonee a essere usufruite da tutti. Che fare e dove trovare i fondi? “Le palestre scolastiche sono solitamente piccole, mal attrezzate, se non mal strutturate, perché spesso vengono ricavate da parti di strutture preesistenti. La città di Milano ha una storia di un paio di millenni, quasi, e non si può pensare a cose assurde nelle sue riconversioni – sottolinea Barbara Contini – Innanzitutto penso che le palestre delle scuole debbano essere pensate accessibili alle diverse disabilità e attrezzate al meglio per poter far svolgere l’attività ginnica a tutti i ragazzi. Ci sono attrezzi che possono essere utilizzati da chi è tetraplegico e ha delle specifiche necessità, ma anche degli accorgimenti per gli ipovedenti che hanno bisogno di un certo tipo di contrasto di colori per individuare le cose. Vi assicuro che possono apparire ‘accomodamenti’ impossibili o difficili, ma non è così. Quello che serve a chi prende certe decisioni è, oltre a delle conoscenze di base sull’argomento, che spesso non ci sono, anche un’elasticità mentale aggiuntiva per comprendere ciò che è necessario e non superfluo. Guardate che un attrezzo adattato o una targhetta col contrasto di colore, e se poi ci facciamo la scritta anche in rilievo, non è così impossibile ed è sufficiente per fare centro”.

“Mi chiedete delle risorse. Ci sono e ci sono stati bandi utili a finanziare queste migliorie, e da questi si può ripartire. Ma prima di tutto occorre pensare ai progetti. Come già vi avevo detto: design for all. Partiamo da questo – temina – Partiamo da pensare di avere l’ausilio di tecnici esperti nel progettare l’accessibilità dei luoghi, e quindi anche delle palestre, e poi: chiediamo al CIP. Il CIP è il miglior interlocutore perché da tempo si occupa di tutto questo, e soprattutto la sua mission è quella di diffondere una cultura sportiva inclusiva e accessibile a tutti i disabili”.