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Alta moda e sfruttamento del lavoro nero. I carabinieri di Milano smascherano una rete di capolavorato cinese in italia, ma l’indagine riguarda tutti

Una questione di morale e alta moda. Ieri i Carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Milano hanno eseguito un decreto di “amministrazione giudiziaria” emesso dal Tribunale di Milano, Sezione Misure di Prevenzione, su richiesta della Procura della Repubblica di Milano, nei confronti di un’azienda operante nel settore dell’ alta moda. Il provvedimento è stato adottato a causa delle presunte inefficienze nell’evitare e contrastare fenomeni di sfruttamento lavorativo nel ciclo produttivo, cioè non avevano effettuato i controlli di filiera e di qualità e quindi si servivano da terzisti che utilizzavano lavoratori clandestini, in nero e in condizioni di sfruttamento.

L’indagine ha rivelato che l’azienda, tramite un contratto di appalto senza i dovuti controlli di filiera, esternalizza l’intera produzione a società terze, consentendo l’impiego di manodopera irregolare e clandestina. Questo sistema permette di abbattere i costi, sfruttando operai in condizioni precarie e non rispettando le normative in materia di lavoro, sicurezza, e contratti collettivi nazionali.

Il Nucleo Ispettorato del Lavoro ha condotto accertamenti approfonditi, identificando otto fabbriche gestite da cittadini cinesi nelle province di Milano, Monza Brianza e Pavia. In questi stabilimenti, sono stati individuati 197 lavoratori, di cui 37 impiegati in nero e clandestini sul territorio nazionale. Gravi violazioni in materia di sicurezza, condizioni di sfruttamento e violazioni delle normative sono state riscontrate in questi insediamenti paraindustriali.

A seguito delle indagini, sono state denunciate in stato di libertà 10 titolari di aziende, e 37 individui non in regola con la permanenza e il soggiorno sul territorio nazionale. Sono state comminate ammende per oltre 153.000 euro e sanzioni amministrative per 150.000 euro. Sei aziende hanno subito la sospensione dell’attività per gravi violazioni in materia di sicurezza e utilizzo di lavoro nero.
Si sottolinea che il procedimento penale è ancora in fase di indagini preliminari, e le di tutti i coinvolti responsabilità saranno definitivamente accertate solo in seguito a una sentenza irrevocabile di condanna.

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Trarre profitto dallo sfruttamento del lavoro nero è reato

Le informazioni sono state fornite alla stampa tramite un comunicato su indicazione della magistratura. Per questo sembra che non ci sia scritto nulla e non si capisce a fondo l’importanza che ha questa decisione. Infatti, per poter garantire che, almeno in Italia, non si verifichino casi di sfruttamento del lavoro è necessario che nessun imprenditore accetti di lavorare con chi sfrutta i lavoratori e non è in regola con le norme sul lavoro. Il concetto è lo stesso del ricettatore di oggetti rubati. Il sospetto che un oggetto sia rubato non può sfuggire e chi ne trae profitto comprandolo è punito più del ladro.

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Lo stesso è accaduto in questo caso. Se un imprenditore appalta la sua produzione a chi sfrutta il prossimo e ne ottiene un profitto, sapendo che cosa succede nella fabbrica di produzione, o eludendo di controllare, è nella stessa posizione del ricettatore che compra oggetti rubati avendo tutte le facoltà mentali per capire che si tratta di oggetti rubati. Questa indagine riguarda tutti, però, perchè porta a livello di legge l’acquistare i prodotti di qualunque tipo, che si sanno prodotti violando le legge sul lavoro e sulla sicurezza.

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Ilaria Maria Preti

Giornalista, metà Milanese e metà Mantovana. Ho iniziato giovanissima come cronista, critica gastronomica e politica. Per anni a Tvci, una delle prime televisioni private, appartengo alla storia della televisione quasi nella stessa linea temporale dei tirannosauri. Dal 2000 al 2019 speaker radiofonica di Radio Padania. Ora dirigo, scrivo e collaboro con diverse testate giornalistiche, coordino portali di informazione, sono una Web and Seo Specialist e una consulente di Sharing Economy. Il futuro è mio

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