CorbettaMilano città metropolitana

Il complotto di Corbetta. Assolto Mariglen Memushi. Non ha commesso il fatto

Ieri mattina, alle 11, la quinta sezione penale di appello del tribunale di Milano ha assolto, in secondo grado, Mariglen Memushi per “non aver commesso il fatto”. L’uomo, di origini albanesi, era stato accusato di essere il complice i un complotto ai danni della comandante della polizia locale di Corbetta Lia Vismara. Secondo l’accusa era l’uomo che aveva telefonato ai carabinieri dicendo di essere un pusher e di aver appena venduto alla comandante della polizia locale delle dosi di droga. La nuova sentenza, di appello, ribalta completamente la decisione presa in primo grado, che lo aveva condannato a 3 anni e alcuni mesi.

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Della prima condanna avevamo parlato nel 2021, riportando la soddisfazione del Sindaco Marco Ballarini, per la piega che avevano preso i processi penali relativi ad una delle storie più complicate della cronaca milanese degli ultimi anni. Quella telefonata e la scoperta da parte dei carabinieri di circa 1 grammo e mezzo di cocaina nell’auto dell’auto della comandante diede il via ad una complicata indagine che ha portato ad indagare Mariglen Memushi e il comandate della polizia locale di Trezzano sul Naviglio, Salvatore Furci, per aver orchestrato un complotto ai danni della comandante, per denigrarla.

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I processi

Dopo le indagini, Mariglen Memushi e Furci furono processati, considerati colpevoli e condannati in primo grado. Con il ricorso in appello le sentenze sono state ribaltate. Lo scorso luglio la condanna di Furci è stata più che dimezzata perchè la corte penale di appello ha deciso che la calunnia era il reato più grave tra le accuse mossagli. Ieri la corte penale ha assolto Mariglen Memushi per non aver commesso il fatto.

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Da quanto trapelato dal palazzo di giustizia, il riesame delle perizie foniche sulla registrazione della telefonata di segnalazione ai carabinieri, che costituivano le principali prove a carico di Mariglen Memushi, non hanno consentito di identificarlo in modo certo come autore della telefonata al 112, così sono caduti tutti gli impianti accusatori.

Esistono diverse perizie foniche, fatte effettuare dalla pubblica accusa, dalla difesa e dal giudice stesso. Nessuna permetterebbe di giungere, oltre ogni dubbio, alla conclusione che dall’altro lato del telefono ci fosse l’albanese. Attendiamo nei prossimi giorni la pubblicazione delle motivazioni della sentenza che permetteranno di capire meglio cosa sta succedendo.

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