I racconti di Davide TrentarossiMagazineStoria e Cultura

Arance e Service Manager

Sono certo che vi starete chiedendo che c’entrano le arance con il Service Manager. Forse sarebbe meglio fare, prima, un passo indietro e chiarire chi è e cosa fa il Service Manager. Nell’attuale economia digitale, ogni Organizzazione, grande o piccola che sia, è di fatto un’organizzazione di servizi. Inoltre, la maggior parte, se non addirittura tutti i servizi che un’Azienda fornisce, sono servizi ideati e attivati per co-creare valore insieme con i clienti dell’Azienda stessa. Infine, tutti questi servizi sono resi possibili, o quantomeno facilitati, grazie all’Information Technology. Se mettiamo insieme queste premesse, nasce in maniera spontanea la definizione di Service Management come quell’insieme di capacità organizzative specializzate per fornire valore ai clienti/utenti, sotto forma di servizi.

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Bella definizione vero? Qualcuno potrebbe obiettare: va bene, ma, tradotto nel linguaggio dell’uomo della strada, che significa? Questa è proprio la domanda che, qualche tempo fa, mi son sentito porre a un colloquio di lavoro per una posizione di Service Manager a cui mi stavo candidando. Ricordo che l’intervistatrice mi disse: “Ha ragione, definizione corretta, ma, se dovesse spiegarlo a un bambino, come glielo spiegherebbe?“. Sulle prime rimasi un po’ basito dalla domanda, ma ragionandoci sopra mi resi conto che aveva ragione lei: avevo detto delle cose giuste, ma non avevo tenuto conto di uno dei principi guida di ITIL® 4, il noto framework per l’IT Service Management, Keep it simpleFalla semplice. Fu così che ripresi un esempio estremamente calzante che avevo visto in un corso di preparazione alla certificazione ITIL® 4 tenuto da Jason Dion, dell’organizzazione specializzata in formazione Dion Training. Ed è proprio qui che entrano in gioco le arance.

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Quindi, dicevamo, arance e Service Manager

Questa è la storia di due fratelli, Luca e Giulia, studenti entrambi, che condividono lo stesso appartamento. E’ un caldo pomeriggio d’estate ed entrambi sono in casa; non stanno facendo nulla di particolare: guardano qualche video su TikTok, chattano con gli amici, … ai miei tempi si sarebbe detto che erano impegnati nell’arte del cazzeggio; gli inglesi usano un’espressione che a me piace moltissimo “they’re just killing time“. Improvvisamente entrambi vengono folgorati da un’idea meravigliosa. Giulia decide di prendere quell’enorme, rossa e succosa arancia che ha visto in frigorifero e farsi una sana e dissetante spremuta. Luca, invece, ha deciso di prendere la medesima arancia vista da sua sorella, prepararne dei canditi con la buccia, stendergli sopra uno strato di Nutella® e condividerli la sera stessa con la sua amica Sara, che ha conosciuto la sera prima in un bar.

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L’arancia, però, è una sola. Risulta quindi evidente che il primo dei due che ci metterà le mani sopra, avrà il cento per cento del valore, mentre l’altro percepirà zero, come valore da quell’arancia. Esiste anche una terza persona nella nostra storia: il fruttivendolo, che nel linguaggio del Service Management è il fornitore del servizio, l’arancia appunto. Dal suo punto di vista, ha già ottenuto il cento per cento del valore dal suo servizio, avendo venduto l’arancia che aveva in negozio. E’ facile vedere quindi come ci troviamo in una situazione non ottimale perché c’è qualcuno che ha già ottenuto il suo valore da un servizio (il fruttivendolo) e ci sono altri due attori (gli utilizzatori del servizio) di cui uno che otterrà valore mentre l’altro non otterrà nulla.

Prima di introdurre la figura del Service Manager, però, consentitemi una digressione sul concetto di valore, che è assolutamente centrale nel Service Management. Il valore è definito come quel benefit, quell’utilità o quell’importanza che viene percepita di un servizio da parte sia del fornitore che dell’utilizzatore. ITIL® 4 pone un’enorme attenzione sul termine percepita. Secondo questo framework, infatti, il valore di un servizio non può mai essere unico o oggettivo: è necessariamente soggettivo. Non solo, ma dipende anche dal contesto, dalle relazioni e, soprattutto, dal destinatario del servizio. Il fatto che sia qualcosa di soggettivo e di percepito porta con sé inevitabilmente il fatto che il valore di un servizio potrebbe tranquillamente essere diverso da quello che il fornitore aveva previsto. Torniamo alla nostra arancia; molto probabilmente il fruttivendolo l’ha proposta all’acquirente dicendogli “pensa che buona spremuta dissetante ti puoi fare!“. Se è Luca a metterci le mani sopra per primo, il valore risultante non sarà certo lo stesso previsto dal fruttivendolo.

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La figura del Service Manager

Ed ecco che arriva Paola, la mamma dei due ragazzi. Oggi pomeriggio ha deciso di andare a trovarli. Parlandoci insieme ha capito le intenzioni dei due e, da brava Service Manager, ha trovato la soluzione. Giulia può tranquillamente prepararsi la sua spremuta; dovrà, però, fare attenzione a non rovinarne la scorza per darla al fratello, che preparerà dei deliziosi canditi, ricoperti di cioccolato. In questo modo tutti otterranno un valore da questo servizio e, cosa ancora più importante, il valore per ognuno sarà misurato in base al suo metro di valutazione.

Si tratta chiaramente di un esempio elementare: la realtà è sempre molto più complessa. Tuttavia, mi piaceva perché evidenzia, in maniera essenziale, la bellezza del ruolo del Service Manager. E’ quel ruolo che, nelle moderne organizzazioni, si trova nella posizione privilegiata di chi conosce le risorse a disposizione, le esigenze degli utilizzatori e, sulla base di queste informazioni, è in grado di fare il giusto match tra le due cose. A me è sempre piaciuto vederlo (e, soprattutto, vedermi) come un facilitatore nella creazione di valore, intendendo come valore quella soluzione che sia win-win per tutti quanti. E voi, cosa ne pensate?

Nota della redazione
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Davide Trentarossi

Nato a Milano, l’8 maggio… di qualche anno fa, ma cresciuto in provincia. Ho scoperto molto tardi la passione per la scrittura. Sono laureato in Ingegneria Informatica. Amo viaggiare, e questo mi ha portato a lavorare in giro per il mondo. Molti aeroporti sono stati il mio “Second Office”. Dall’Australia al Sud America, da Mosca a Miami, oltre all’Europa. Amo viaggiare leggero: nel mio trolley il computer su cui appuntare le idee per un nuovo libro, l’inseparabile smartphone, per restare connesso al resto del mondo e un paio di cuffie per ascoltare la musica, un’altra grande passione. Visita la mia pagina su Amazon: https://www.amazon.it/Davide-Trentarossi/e/B081QT913W/

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