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Enea ha salvato la vita ad una bimba?

È di qualche giorno fa la notizia che un bimbo di qualche settimana era stato lasciato nella ruota della vita dell’ospedale Milano. Il suo nome è Enea. In quella occasione si è parlato della possibilità che hanno le donne di partorire in sicurezza, in ospedale e rimanere anonime.

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È forse stata la discussione nata sul piccolo Enea che ha ispirato una donna a recarsi a partorire all’ospedale Buzzi, di Milano, rifiutando di dare le proprie generalità per rimanere anonima. La sua bimba è quindi nata in un ambiente sicuro che ha salvaguardato la salute sia della mamma sia della bimba.

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Si è saputo del caso perchè la donna ha inteso per anonimato il fatto di non dover essere identificata tramite dei documenti e i sanitari dell’ospedale, al suo rifiuto di essere registrata con le sue generalità, hanno chiamato i carabinieri che hanno il potere legale di identificare le persone.

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All’arrivo dei carabinieri, e si pensa una volta rassicurata sulle condizioni legali dell’anonimato e del non riconoscimento del bambino, la donna ha dichiarato le sue generalità e ha espresso la sua volontà di restare anonima e di non riconoscere la maternità della neonata.

In questo modo, pur potendo essere assistita come persona, la mamma nel tempo resterà anonima e nessuno potrà sapere che ha dato alla luce un bambino. Rifiutando di riconoscere la bambina impedisce che ci sia qualunque documento che la leghi alla piccola.

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Le procedure per l’affidamento inizieranno subito mentre quelle per l’adozione della bambina inizieranno non appena sarà trascorso il tempo concesso alla madre per ripensarci.

Non si puó evitare di essere solidali con questa mamma. Non conosciamo la sua storia ma conosco altre madri che hanno fatto scelte simili e le capisco. È un gesto dettato da un grande amore privo di egoismi.

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Sono donne che sono rimaste incinta mentre si trovano in situazioni di disagio e che, per storie personali, sono consapevoli di cosa succede quando un bambino viene allontanato dalla famiglia, gli anni in casa famiglia spesso le hanno segnate e sanno che i bambini vengono dati in adozione lo stesso, ma solo dopo anni di solitudine. Per questo quando hanno dei figli si preoccupano di trovare loro una famiglia prima che intervengano gli assistenti sociali.

Nota della redazione
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Ilaria Maria Preti

Giornalista, metà Milanese e metà Mantovana. Ho iniziato giovanissima come cronista, critica gastronomica e politica. Per anni a Tvci, una delle prime televisioni private, appartengo alla storia della televisione quasi nella stessa linea temporale dei tirannosauri. Dal 2000 al 2019 speaker radiofonica di Radio Padania. Ora dirigo, scrivo e collaboro con diverse testate giornalistiche, coordino portali di informazione, sono una Web and Seo Specialist e una consulente di Sharing Economy. Il futuro è mio

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