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L’intervista: un italiano nel Reggimento Azov, in Ucraina

Un uomo italiano, un militare di professione, ha combattuto nel Reggimento AZOV, in Ucraina, per un anno, dal 2015 al 2016. E’ raro, probabilmente è l’unico. Siamo riusciti a convincerlo, non senza difficoltà, a rilasciarci una intervista.

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Una dovuta premessa introduttiva

La guerra tra Ucraina e Russia è iniziata molto tempo fa. Pochi giorni fa, il 24 agosto, l’Ucraina ha festeggiato il giorno dell’indipendenza dall’ Urss, avvenuto nel 1991. Potremmo dire che è da quel giorno che la Russia tenta, in un modo o nell’altro, di riannettere l’Ucraina. Per molti anni, a parte qualche sporadico articolo, ne trovate anche sul nostro giornale, si parlava poco della guerra in atto in un paese di fatto europeo, come è l’Ucraina.

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cambiamenti. Social journalism

Se ne è parlato poco fino allo scorso 25 febbraio 2022 quando i carrarmati russi hanno superato il confine dell’Ucraina. Fino a quel momento, la Russia aveva sostenuto militarmente ed economicamente i separatisti filo russi del Donbas, e usato le strategie dei servizi segreti, più di quanto gli Stati Uniti facessero con l’ Ucraina. Ora le cose sono cambiate e la guerra fa parte della nostra quotidianità.

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La guerra fra Russia e Ucraina ha sempre riguardato l’Italia, per diversi motivi

La guerra fra Russia e Ucraina ha sempre riguardato l’Italia, per diversi motivi. Uno è la dipendenza energetica del nostro paese dai due paesi, altri sono i rapporti e gli accordi commerciali stretti con ambedue i paesi, ma ci sono anche degli italiani che combattono su ambedue i fronti. Si sa che alcuni italiani combattono sul fronte russo sin dal 2014. Trovarli e capire le motivazioni per cui avevano deciso di combattere una guerra non loro non è stato semplice, ma nel 2016 hanno iniziato a raccontarsi e a condividere le loro interviste su youtube. Dal lato ucraino, invece, c’era il totale silenzio.

C’erano dei soldati italiani nelle forze di difesa ucraine? E nel Reggimento AZOV, l’unico che accoglieva soldati volontari stranieri? Non si sapeva nulla. Nel Donbass nel 2014 il giornalista Andrea Rocchelli venne ucciso da un colpo di mortaio sparato dalle forze Ucraine. La colpa della sua morte fu data al soldato semplice delle Guardia Nazionale Ucraina Vitalij Markiv, che fu arrestato nel 2017 al suo rientro in Italia. Aveva infatti la doppia cittadinanza, italiana e ucraina. Era, fino ad oggi, l’unico italiano sul fronte ucraino, in quel periodo, di cui si sapesse qualcosa.

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C’era però un altro soldato, questa volta italianissimo di nascita, di cui nessuno sapeva nulla, che si era arruolato, dopo l ‘euromaidan, nel Reggimento AZOV. Un corpo di cui abbiamo conosciuto le capacità militari con la vicenda dell’Azovstal e della strenua ed eroica difesa di Mariupol.

Professione: sono un militare

Lo ho trovato, incontrato ed ha accettato di essere intervistato, a patto che io protegga la sua identità. Siamo a casa sua. E’ una persona normale, nessun tatuaggio, nessun segno particolare che possa indicare il soldato o la vita da militare che ha condotto. Quando parla sembra che guardi lontano, oltre me, oltre la finestra, oltre i monti che si vedono attraverso. C’è però una luce, un lampo verde chiaro, che nasce nei suoi occhi nocciola ogni volta che gli pongo una domanda. Indica che non si è mai distratto, che pensa velocemente, e che non riuscirò a fargli raccontare più di quello che vuole dirci.

L’ intervista è sull’ esperienza nel Reggimento AZOV, in Ucraina

Raggimento Azov in azione

Per quanto tempo ha fatto parte del Reggimento AZOV?
Per quasi un anno, da aprile 2015 a febbraio 2016. Facevo parte della Compagnia Ricognizione e Sabotaggio, una delle unità più attive e “scelte” di quel reparto. Con me vi erano diversi altri stranieri: francesi, inglesi, croati, greci…ma nessun altro italiano.

Come mai si è unito al Reggimento AZOV?
Perché all’epoca la Russia aveva invaso il Donbas e instaurato dei regimi fantoccio all’interno dell’Ucraina e considero questo una vile aggressione. Sono sempre stato un militare di professione, e poiché avevo già 45 anni, che in questo ambito sono molti, volevo concludere il mio percorso in un reparto prestigioso dove poter imparare qualcosa di nuovo. In Italia questo non è ovviamente possibile ma all’estero sono molti i reparti militari dove gli stranieri sono ammessi e dove si può crescere professionalmente. Credo che l’esperienza nel Reggimento AZOV sia stata per me importante sotto questo profilo.

Di che cosa esattamente si occupava?
Ero un “istruttore volontario”, e mi occupavo di addestrare i soldati nelle tecniche di alpinismo e subacquee: in passato avevo ottenuto le abilitazioni militari per alpinismo e sub, infatti. Nelle operazioni antiterrorismo sul terreno invece ero un “marksman”, cioè un tiratore scelto.

Perché si è congedato?
Perché non mi è stato possibile prendere la cittadinanza ucraina, indispensabile per proseguire il servizio, dato che nel 2016 sono uscite nuove disposizioni sulla presenza di personale straniero. Se no, sarei certamente rimasto.

Lei sa certamente che il reggimento AZOV è un reparto controverso e i lettori non sanno esattamente cosa sia. Cosa è quindi esattamente l’AZOV? Da quali elementi è composto?
Si tratta di un “reggimento di fanteria per operazioni speciali”, che fa parte della Guardia Nazionale Ucraina. Quindi è un reparto militare a pieno titolo ed è parte integrante delle Forze Armate Ucraine. Al momento, è organizzato in tre battaglioni di fanteria , un battaglione corazzato e uno di artiglieria. E’ una unità militare di élite, specializzata in antiterrorismo e operazioni di infiltrazione e ricognizione. E’ attivo soprattutto nel sud dell’Ucraina, nella zona del Mare di Azov, da cui il nome.

Quali ideologie vi circolano?
Bisogna tener presente che nelle forze militari dell’Est Europa, l’etica militare è molto più forte e più “estrema” che in Europa ed è normale trovare un indottrinamento che qui da noi è assente, e che potrebbe sconcertare chi non conosce quella realtà. Motivazioni e dottrine nazionalistiche indubbiamente sono ben presenti nel Reggimento AZOV, e i suoi componenti sono certamente degli ardenti nazionalisti. Per ovvie ragioni, tutti (civili compresi) odiano cordialmente il comunismo, dal momento che lo conoscono bene.

Ma ripeto, tutto ciò che da noi sarebbe quantomeno controverso, in quei Paesi invece risponde in pieno al carattere particolare che hanno le loro forze armate. Si aggiunga che l’AZOV è un reparto di élite che deve assolvere a compiti molto difficili e i suoi componenti ricevono un durissimo addestramento; un indottrinamento militaristico e nazionalistico mi sembrano non solo normali, ma anche opportuni: non servirebbero a granché se fossero dei pacifisti miti e concilianti.

E’ vero che molti membri dichiarano simpatie filonaziste? Come mai si usano simboli neonazisti?
Non si usano simboli neonazisti perché la legge ucraina lo vieta, e chi lo facesse sarebbe immancabilmente radiato. Certa stampa purtroppo ha abboccato alla propaganda russa che spaccia per “nazisti” dei simboli in realtà tradizionali ucraini, come il famoso monogramma “IN” usato sul logo dell’AZOV, che secondo alcuni sarebbe un “Wolfsangel” (il dente di lupo) usato dalle Waffen-SS naziste. Ma basta confrontarli per capire che sono due cose differenti.

Però è vero che nel 2014-15, all’inizio della storia dell’AZOV, molti militi provenivano dalla tifoseria della Dinamo Kiev e ostentavano simboli neonazisti e dichiarazioni politicamente “estreme” sui loro profili social, ma con l’andare del tempo le regole si sono fatte molto severe: non è più consentito farlo.

E la famosa foto dei militi del Reggimento AZOV con la bandiera nazista?
Quella foto circola da 8 anni (è del 2014) su tutta la stampa mondiale ma è un falso: ormai è accertato che è stata truccata da un famoso sito russo. D’altronde, se fosse stata vera tutti i soldati che vi compaiono sarebbero certamente finiti sotto processo: anche in Ucraina certe cose sono vietate.

Può descrivere come si svolge la vita nella caserma del Reggimento AZOV?
In modo molto simile a qualsiasi caserma occidentale: sveglia, alzabandiera, e molta attività addestrativa. Libera uscita la sera, eccetera. Ogni 2 mesi, le singole Compagnie devono prendere parte ad almeno 15-20 giorni di operazioni di guerra sul campo, nel Donbas contro i separatisti filorussi. I Russi parlano di atrocità commesse dal Reggimento AZOV in Donbas, parlano perfino di “genocidio”. E perfino in Italia qualche giornalista ha dato fiato alla loro propaganda.

Ma dal 2014 al 2022, in Donbas ci sono state circa 13.000 vittime, di cui 4500 militari ucraini, 5000 militari separatisti e 3500 vittime civili, il 90% dei quali vittime dei colpi di artiglieria e di mine. Quindi non c’è stato proprio nessun genocidio e quanto accade nel Donbas è opera e responsabilità proprio dei Russi. Ci saranno certamente stati degli episodi di eccessi, qualunque conflitto li porta con sè, è inevitabile; ma non ne ricordo nessuno da parte dei militari del AZOV.

A quali operazioni ha partecipato?
A quattro distinti turni operativi (15-20 giorni ciascuno) in zona di operazioni, e a molte missioni di ricognizione e pattuglia contro le forze separatiste, di cui due anfibie (cioè attraverso il mare). Ma non posso fornire i dettagli, ovviamente.

Però ha partecipato anche a scontri a fuoco…
Ha voglia. Ci sparavano addosso giorno e notte. Però la cosa che faceva più vittime erano l’artiglieria e i cecchini: soprattutto quello temevamo. E i droni: quando ce ne ronzava uno sulla testa, sapevamo che a breve sarebbero arrivate le granate oppure i razzi.

Chi si occupava di fornire l’addestramento e le armi?
Gli istruttori erano quasi tutti stranieri, e non perché in Ucraina mancano le competenze ma perché il governo ci teneva molto a uniformare le procedure e le regole con quelle della NATO. Mi ricordo la presenza di personale militare americano, canadese e svedese.

Dopo la battaglia dell’acciaieria Azovstal di Mariupol, il reggimento AZOV è stato annientato; lei crede che si riorganizzerà?
A Mariupol è stato annientato uno dei tre battaglioni di cui dispone il reggimento AZOV; ne restano altri 2 più uno di carri armati e uno di artiglieria, in più hanno caserme e depositi sparsi in tutta l’Ucraina e di volontari ne trovano quanti ne vogliono. Credo quindi che si continuerà a parlarne ancora per molto tempo.

Non sente l’impulso di riarruolarsi nelle forze armate ucraine per combattere contro i Russi?
So che il governo ucraino ha formato una Legione Internazionale e non avessi superato i limiti di età mi sarei certamente arruolato. Ma ormai posso fare ben poco: non sono più nelle condizioni fisiche di fare il soldato. Comunque faccio quello che posso, ad esempio sto organizzando aiuti umanitari e sono in contatto con molti soldati ucraini che mi danno notizie sulle cose più necessarie.

Infine…

L’intervista finisce così. Ci siamo raccontati altre cose, ma non posso scriverle. Penso che quanto detto sia già in grado di fare chiarezza, e di guardare la guerra tra Russia e Ucraina anche un da un altro punto di vista, quello dell’Ucraina e quello dei soldati, di cui non si parla quasi mai. L’esperienza raccontata dal nostro volontario italiano nel reggimento Azov è una rarità, una esperienza unica, che andava raccontata.

Nota della redazione
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Ilaria Maria Preti

Giornalista, metà Milanese e metà Mantovana. Ho iniziato giovanissima con cronaca, cibo e politica. Per anni a Tvci, una delle prime televisioni private, appartengo alla storia della televisione quasi nella stessa linea temporale dei tirannosauri. Dal 2000 al 2019 speaker radiofonica di Radio Padania. Ora dirigo, scrivo e collaboro con diverse testate giornalistiche, coordino portali di informazione, sono una Web and Seo Specialist e una consulente di Sharing Economy. Il futuro è mio

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