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Milano. Stanotte, quei colpi di Kalashnikov in via Giambellino…

Un nuovo video della ormai famosissima chat Telegram Milanobelladio mi ha fatto saltare su dal letto, questa notte. Infatti mostrava dei ragazzi che ballavano in un cortile imbracciando un kalashnikov , mentre un bambinetto di circa 8 o 9 anni girava armato di pistola. Nel buoio del video è impossibile capire se sono veri o se sono giocattoli. Meno male che quando vedo la possibilità di uno scoop il mio cervello si sveglia immediatamente, altrimenti questa mattina avremmo aperto il giornale con una notizia assolutamente falsa.

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O meglio, avrei potuto trasformare in notizia da scoop della Milano violenta un video di ragazzi che giovavano in cortile. Per fortuna ad un certo punto il ragazzino che ha il kalashnikov fa finta di sparare una raffica. In sottofondo si sente il rumore di un mitra, ma non è quello a destare i miei sospetti, quanto piuttosto il fatto che le fonti che utilizzo per avere praticamente in diretta le notizie dei tanti casi violenti segnalavano che a Milano tutto era più o meno tranquillo.

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Il Kalashnikov spara proiettili a circa un chilometro di distanza e può trapassare i muri. Una raffica in un cortile popolare come quelli di via Giambellino deve per forza fare circa una decina fra morti e di feriti. Quindi grazie al cielo il kalashnikov che aveva in mano il ragazzo poteva al massimo essere un giocattolo da softair. Certo, il video è impressionante.

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Ve lo posto per mostrarvi di cosa si tratta, ma lo userò soprattutto per fare delle riflessioni. Milano infatti è da tempo una città pericolosa. Non si può però enfatizzare ciò che accade facendo passare i fatti, e i video, per quello che non sono. Le immagini possono, se l’autore lo vuole, ingannare persino più delle parole.

Il video

il video diffuso su Milanobelladadio

Non è colpa della musica rap

Suppongo che G-block sia un gruppo di ragazzi che vuol fare musica e che abbiano effettuato questo video pericolosissimo per poi diffonderlo attraverso la chat del momento per avere successo. Intendiamoci, questi ragazzi, dal punto di vista del protagonismo musicale non hanno inventato nulla. Ogni adulto che non sia ipocrita lo può ammettere. I cattivi e i violenti nel campo dello spettacolo e della musica hanno il loro fascino. Ogni generazione, e ogni persona, ha i suoi favoriti. Amati da giovani, e ricordati con tenerezza da adulti.

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Quando, e se, si tratta di spettacolo e di musica, però. I disastri nascono, infatti, quando quella violenza “per gioco e per spettacolo” si trasforma in qualcosa di reale. C’erano star interazionali che si consumavano a forza di droga, e quindi scendevano nelle classifiche. Più scendevano e più si drogavano, fino all’autodistruzione. C’entra poco persino il tipo di musica. Si possono trovare star che rovinano la loro vita e quella degli altri in tutti i generi musicali. Il rap non è differente.

Facciamo piazza pulita della questione religiosa

Qualche giorno fa ho chiesto ad alcuni amici che stavano discutendo dei fatti di capodanno in piazza Duomo se erano certi di aver letto nel modo giusto quanto era successo. Infatti, parlavano delle violenze a Milano riportandone la causa ad uno scontro culturale e religioso, soprattutto a causa dell’Islam e del modo arabo di considerare le donne.

Secondo me, invece, in ciò che è successo a Milano quella notte, e tutte le notti prima da diversi anni a questa parte, l’islam non c’entra. Quei ragazzi si ubriacano in modo terrificante nei week end che passano in città, al punto da perdere completamente la testa e la capacità di ragionare. la chiamano la “Movida”. Questo esclude completamente il fatto religioso e culturale, sia cristiano sia islamico. Anche se per i cristiani non c’è una proibizione divina tassativa di bere alcolici, l’ubriacarsi non è cristiano. Ci sono infatti i due vizi capitali della gola e della lussuria che comprendono anche l’ubriacarsi.

L’islam può c’entrare in questi fatti perchè quei ragazzini, quasi tutti di origine nordafricana, che vivono di rap, alcool, rapine, risse, violenza e balli notturni con armi giocattolo, credono che il dichiararsi islamici faccia paura e quindi rincarano la dose delle loro insicurezze sottolineando una differenza anche religiosa. A Milano ci sono anche le bande dei latinos, che vivono anche loro di rap, alcool, violenza risse, rapine e balli notturni, e si dichiarano cristiani. Non sono nemmeno i primi. Quanti sono i devoti a Santa Rita, fra gli appartenenti alla ‘ndrangehta?

Quindi, è colpa del prefetto, del questore e del sindaco se Milano è una “città violenta”?

Sarebbe molto comodo individuare in modo preciso il responsabile, e si potrebbe anche dire di si, che è colpa loro, se si intendono le istituzioni e non le persone. Sindaco, prefetto e questore sono le tre autorità che devono occuparsi della sicurezza di Milano, ma a parte il sindaco Sala che si appresta al secondo mandato di 5 anni, questore e prefetto cambiano con regolarità. E’ difficile, se non impossibile, che la persona che ricopre quei ruoli sia responsabile del disastro cittadino in tema di sicurezza, come è impossibile che riesca, nel poco tempo in cui resta in città, a risolvere dei problemi.

Si sta parlando di un sistema di reati violenti, che non si può ancora definire nemmeno da guerriglia urbana. Sono, secondo me, determinati dalla contingente situazione di degrado in cui la città vive da circa un decennio. La colpa è soprattutto da attribuire all’atteggiamento politico di chi doveva amministrarla. Si parlava, qualche anno fa, di sicurezza come sicurezza percepita e sicurezza reale. in realtà le due coincidevano ma si preferiva considerare di più l’aspetto di contrapposizione politica, che quello di reale soluzione dei problemi prima che diventino troppo grandi per essere affrontati con normali forze a disposizione.

Spesso la proposta dalle istituzioni è tacere, avere una comunicazione unica, evitare di dar le notizie negative quelle che non si riesce a risolvere, curarsi dell’immagine istituzionale invece che della sostanza. In questo modo però i problemi rimangono e accrescono fino a diventare una emergenza non più affrontabile se non cambiando lo scenario di riferimento.

Da quello di pace, come si dice nel gergo di chi opera nella sicurezza e nella protezione civile, è un attimo passare allo scenario di guerra, e di emergenza. Ed è quello che è successo. La colpa dell’emergenza della violenza e delinquenza a Milano è di chi ha passato il suo tempo negando i problemi di sicurezza della città e di chi vi abita e accusando di razzismo chi ne parlava, invece di usare quel tempo a lavorare sul serio per risolverli. Ognuna delle istituzioni, e chi ne fa parte, sa da sola, quanto è la sua responsabilità della situazione.

Nota della redazione
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Ilaria Maria Preti

Giornalista, metà Milanese e metà Mantovana. Ho iniziato giovanissima con cronaca, cibo e politica. Per anni a Tvci, una delle prime televisioni private, appartengo alla storia della televisione quasi nella stessa linea temporale dei tirannosauri. Dal 2000 al 2019 speaker radiofonica di Radio Padania. Ora dirigo, scrivo e collaboro con diverse testate giornalistiche, coordino portali di informazione, sono una Web and Seo Specialist e una consulente di Sharing Economy. Il futuro è mio

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