I racconti di Davide TrentarossiMagazineStoria e Cultura

Thunder Road

Correva l’anno 1975 quando la Columbia Records pubblicava l’album Born To Run di Bruce Springsteen, di cui Thunder Road è la canzone di apertura. Si tratta di una delle più belle canzoni mai scritte e, certamente, una fra quelle che più spesso gli artisti amano cantare ai loro concerti.

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Lady Gaga è solita raccontare un aneddoto: ricorda che quando era una ragazzina, suo padre, grande fan di Springsteen, le regalò lo spartito di quella canzone promettendole che se avesse imparato a suonarla, le avrebbe regalato un vero e proprio pianoforte. Ancora oggi Thunder Road è la sua canzone preferita di Springsteen.

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Per me, però, Thunder Road è qualcosa di più di una semplice canzone, per quanto stupenda. Innanzi tutto ci sono legato affettivamente dai tempi della scuola. Ricordo che in terza liceo presi spunto proprio dalla storia in essa raccontata per un tema di italiano.

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Presi un otto e mezzo, che per uno studente che difficilmente andava oltre il sei rappresentava un successo da festeggiare degnamente. Inoltre, fu proprio quel tema a farmi comprendere quanto fosse bello raccontare una storia e mi fece venire la voglia di continuare. Passò molto tempo prima che iniziassi a farlo un po’ più seriamente, ma tutto nacque allora, su quel banco di scuola, scrivendo quel tema.

Thunder Road, come dicevo, è qualcosa di più di parole e musica perché rappresenta la promessa che ciascuno di noi fa a se stesso nel momento in cui diventa grande. Il ragazzo protagonista di questa canzone è con la sua macchina davanti alla casa della sua innamorata e la sta convincendo ad andare via con lui. E’ perfettamente consapevole di non poter dare certezze: “beh, io non sono un eroe e questo già si era capito, la sola redenzione che ti posso offrire sta sotto questo cofano sporco”, si tratta solo della possibilità di fare qualcosa di buono da qualche parte, ma “cosa altro potremmo fare adesso?”.

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Credo che difficilmente siano state trovate parole più poetiche per esprimere questa promessa: “scambiare le ali dei nostri sogni con le ruote di una macchina” per andare incontro alla terra promessa che ciascuno di noi merita.

Thunder Road è una strada e, idealmente, rappresenta la via che prendiamo quando andiamo incontro alla vita che ci siamo scelti. In questa visione, mi tornano alla mente le parole del discorso di Steve Jobs ai laureati dell’Università di Stanford, nell’ultima sua storia, quando descrive la copertina dell’ultimo volume del The Whole Earth Catalog:

Sul retro della copertina dell’ultimo numero c’era la foto di una strada di campagna all’alba, quel tipo di strada sulla quale potreste trovarvi a fare l’autostop se foste abbastanza avventurosi. Sotto c’erano queste parole ‘Siate affamati, siate folli‘”. Thunder Road è proprio quella strada: se avrai abbastanza fiducia da intraprenderla, andando alla ricerca del tuo tempo migliore, allora, alla fine, avrai la fortuna di voltarti indietro e vedere “i puntini unirsi“.

C’è poi un altro passaggio importante in questa canzone, che in molti spesso dimenticano. Tutti noi abbiamo sogni, piccoli o grandi non importa. Vogliamo, desideriamo, sogniamo un futuro migliore. Spesso però dimentichiamo una cosa fondamentale e Thunder Road è li a ricordarcelo: “dal portico di casa tua al sedile sulla mia auto, la porta è aperta, ma la corsa non è gratis”.

Nulla ci trattiene dall’intraprendere la strada verso i nostri sogni (la porta è aperta), ma non possiamo pensare di farlo gratis: la corsa sulla giostra della vita ha un prezzo che dobbiamo accettare di pagare. Il prezzo è diverso per ognuno di noi, può essere la solitudine di lasciare la zona di comfort delle nostre certezze, oppure infrangere alcune promesse… in genere il prezzo da pagare è il coraggio di immaginare una nuova storia per la nostra vita e iniziare a viverla. Quante volte però la paura di non vedere realizzata questa storia, ci blocca persino dal provarci?

Negli ultimi giorni questa canzone è tornata agli onori della cronaca per una correzione nel testo. Andare a rileggerlo con attenzione è stata quindi l’occasione per riviverla come la prima volta. Quando avevo vent’anni, come chiunque a quell’età credo, i versi che mi avevano colpito maggiormente erano quelli conclusivi: “è una città piena di perdenti e io me ne sto andando via di qui per vincere”. A quell’età è normale vedere tutti gli altri come perdenti e non immaginare altro modo per vincere che non sia l’andarsene via.

Mi viene in mente la canzone Vent’anni dei Maneskin “dagli occhi di chi è puro siete soltanto codardi”: sono passati anni, ma il concetto non è cambiato molto. Alla mia età però, non potendo più vederla con gli stessi occhi di un ventenne, viene da chiedersi se non siamo entrati anche noi nel gruppo dei perdenti, dei codardi. Ed è proprio questo il dubbio atroce che mi ha preso rileggendola ora. Tutto il mondo è lì a convincerti che le cose sono cambiate. Come fai a sapere che hai mantenuto fede alla promessa?

L’ho letta, riletta, ascoltata e riascoltata ancora: parlava di nuovo alla mia anima, come quando la ascoltai la prima volta, tanto tempo fa. Thunder Road era ancora lì, distesa al sole come un assassino ad attendermi. Ora, addirittura, con le mie nuove paure: “forse non siamo più quei giovani”, ma con la stessa consapevolezza di allora: “lo so che è tardi, ma possiamo ancora farcela se corriamo”.

Magari non siamo più i giovani di un tempo, qualche sogno lo avremo dimenticato o anche solo riposto in qualche cassetto e forse è veramente tardi, ma se questa canzone è ancora in grado di arrivare a toccare la nostra anima, significa che la promessa la stiamo mantenendo, giorno dopo giorno, e che possiamo ancora farcela… se corriamo.

Nota della redazione
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Davide Trentarossi

Nato a Milano, l’8 maggio… di qualche anno fa, ma cresciuto in provincia. Ho scoperto molto tardi la passione per la scrittura. Sono laureato in Ingegneria Informatica. Amo viaggiare, e questo mi ha portato a lavorare in giro per il mondo. Molti aeroporti sono stati il mio “Second Office”. Dall’Australia al Sud America, da Mosca a Miami, oltre all’Europa. Amo viaggiare leggero: nel mio trolley il computer su cui appuntare le idee per un nuovo libro, l’inseparabile smartphone, per restare connesso al resto del mondo e un paio di cuffie per ascoltare la musica, un’altra grande passione. Visita la mia pagina su Amazon: https://www.amazon.it/Davide-Trentarossi/e/B081QT913W/

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