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Il mistero dello sparviero scomparso nel deserto

Il pomeriggio del 21 aprile 1941 si alzarono in volo gli SM 79 della 5a squadra della 278a Squadriglia Aerosiluranti stanziata a Berka, in Cirenaica.

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Venne segnalato un convoglio britannico di una trentina di piroscafi scortati ed il Comando decise di utilizzare gli aerosiluranti per un azione offensiva; alle ore 16:40 decollò il primo trimotore da Berka al comando del Tenente Robone seguito da quello del Capitano Cimolini. Alle 19:25 viene avvistato il convoglio e subito il Ten. Robone si lanciò all’attacco di un piroscafo di circa 7 000 tonnellate, lanciando un siluro da una distanza di 800 m. da una quota di 80 m.

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 Si alzò una colonna d’acqua dal fianco dell’imbarcazione che affondò in poco tempo; alle 21:30 il trimotore del Tenente ritorna a Berka riportando il siluramento. Il secondo Sparviero, decollato alle 17:25, non rientrò alla base e le ricerche in mare diedero esito negativo: l’aereo di Cimolini era scomparso senza lasciare traccia. Neppure le ricerche successive, seguite con un idrovolante CANT Z.506S della Croce Rossa, rivelarono chiazze d’olio o il battello di salvataggio per l’equipaggio. Bisognò aspettare quasi vent’anni per rivedere  lo sparviero del capitano Cimolini.

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Il 21 luglio 1960 alcuni tecnici ENI impegnati in rilievi geofisici nel deserto libico rinvennero uno scheletro umano, a pochi chilometri di distanza dalla pista carovaniera Gialo- Giarabub. Alcuni bottoni della giacca di volo permisero di identificare i resti umani come quelli di un aviatore italiano della seconda Guerra mondiale; furono rinvenuti anche due orologi, una bussola aeronautica, un binocolo, una borraccia, una pistola di segnalazione, un bossolo di cartuccia ed una piastrina recante l’incisione “S79 MM 23881”. 

Gli archivi dell’ex Ministero dell’Aeronautica rivelano che si trattava di un membro dell’equipaggio dello Sparviero scomparso durante l’azione di siluramento nel 1941 e identificarono i membri dell’equipaggio, facendo sorgere una domanda agli interessati alla vicenda: che cosa ci fanno i resti di un aviatore italiano nel deserto 300 km a sud di Bengasi? Trascorsero più di due mesi, precisamente il 5 ottobre, dal ritrovamento del misterioso aviatore e,  90 km a sud, un elicottero dell’AGIP avvistò i resti di un SM.79 semisprofondato nella sabbia del deserto. Lo Sparviero appariva in condizioni relativamente buone, con i carrelli fuori e gli ipersostentatori estesi come in un atterraggio convenzionale, tranne che per le ali sfondate dall’impatto ed i motori usciti dalle gondole. Il vetro della cabina era intatto, gli strumenti indicavano i motori ancora in funzione, la mitragliatrice dorsale risultava  ancora in grado di sparare, le coccarde inferiori erano ancora presenti ed il numero 278 sulla fusoliera lo indentificava indiscutibilmente come lo Sparviero scomparso. Durante la tumulazione della prima salma ritrovata venne rinvenuta un’altra piastrina, che permise di stabilire che lo scheletro apparteneva all’aviere Romanini, giusto in tempo per la promulgazione della relazione sull’accaduto del Ministero della Difesa.

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L’ipotesi più probabile è quella che vede Romanini offrirsi volontario, dopo l’impatto a cui sopravvissero  tutti i sei membri dell’ equipaggio, per muoversi verso nord in cerca di soccorso per i compagni. Dopo aver marciato per giorni nel deserto con la pesante bussola verticale, l’Aviere fu abbandonato dalle forze e lanciò l’unico razzo come ultimo tentativo di essere notato.

Sempre secondo questa ipotesi Cimolimi, dopo aver intercettato il convoglio britannico e lanciato il siluro, avrebbe fatto rotta verso Berka addentrandosi nel deserto per evitare le batterie antiaeree di Tobruk, teatro di pesanti combattimenti fra l’Asse e gli Alleati. Il forte vento e il sopraggiungere della notte sopra un ambiente che offre pochi punti di riferimento come il deserto libico spinsero i piloti ad addentrarsi
sempre di più verso il sud del paese. 

spaviero

Probabilmente il navigatore ed i piloti si accorsero, dopo svariati chilometri, di essersi persi e dovettero compiere un atterraggio di emergenza in pieno deserto quando esaurirono il carburante. Anche qui rimane l’amarezza, sopratutto se si pensa al Sergente Maggiore De Luca che aveva una licenza già firmata in tasca ma si trovò all’ultimo minuto coinvolto in quest’ultima operazione.

Durante i combattimenti sopra i cieli d’Africa furono molti gli aerei che finirono dispersi, in entrambi gli schieramenti: un caso simile a questo fu quello del bombardiere statunitense B-24 “Lady be good”, anch’esso schiantatosi nel deserto libico e ritrovato sono nel 1958.
Ancora oggi il deserto nordafricano continua a restituire alcuni relitti; solamente nel 2012 venne ritrovato un caccia P-40 Kittyhawk della RAF.  

Ecco in nomi dei membri dell’equipaggio dello Sparviero: Cap. pil. di complemento Oscar Cimolini, nato a Trieste d 26/11/1908; Ten. di vascello oss. Franco Franchi, nato a Fiume il 11/10/1912; Mar. pil. Cesare Barro, nato a Conegliano (Treviso) il 16/5/1914;  Serg.Magg. marc. Amorino De Luca, nato a Frascati (Roma) il 7/2/1915; 1° av. mot. Quintilio Bozzelli, nato a Pistoia il 5/5/1915; 1° av. arm. Giovanni Romanini, nato a S. Paolo (Parma) il 28/10/1916.
Nel museo di Volandia, nelle officine della ex Caproni a Somma Lombardo,  è stato preparato un allestimento a grandezza naturale che racconta la storia dello sparviero scomparso e del ritrovamento del suo equipaggio.

Nota della redazione
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Cristopher Venegoni

Sono nato e cresciuto tra Arluno e Ossona e studio giurisprudenza. la mia passione sono gli aerei e il volo, per questo sono guida volontaria al Museo di Volandia, Varese.

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