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Senza casa: il dramma dell’alto milanese, la Lega Nord, Ossona e i frisbee

Sulla Prealpina oggi c’è un servizio sulle  famiglie rimaste senza casa nell’Alto Milanese. Questo riporta a parlare di Ossona e di ciò che ha fatto la Lega Nord per risolvere alcuni casi verificatesi in paese. Ossona è un paese particolare. Fra un pettegolezzo lanciato senza coscienza come un frisbee, le piccole cattiverie derivanti dalla competizione politica, e qualche volta anche dalla consapevolezza di non essere riusciti da soli a dare una risposta ai cittadini, si arriva a creare delle storie assurde. Storie poi ripetute da un angolo all’altro del paese. Queste storie, man mano che passano di bocca in bocca, si ingigantiscono talmente tanto che diventano degne di un libro di barzellette.

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Questo, dunque, sarà un post  determinato a dividere le stupidaggini dalla verità. Non ci sono   nomi. A Ossona chi ha la coscienza a posto sa riconoscersi, capire da solo se ha fatto un errore e rimediare. Gli altri, quelli che utilizzano il pettegolezzo per fare i loro interessi e nascondere le loro incapacità, li lasciamo nel loro brodo, tanto non riusciremo a farli smettere di essere come sono.

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La Barzelletta: 

I frisbee ossonesi hanno cominciato a raccontare in giro per Ossona. I soliti noti dicevano che il segretario della Lega Nord, cioè io, Ilaria Maria Preti, non ero veramente leghista. Questo perchè  avevo aiutato una famiglia di origini meridionali ad avere la casa popolare e questa famiglia gira in macchina con un suv. Questa voce, però, non viene dai leghisti del paese. Viene da ambienti molto vicini  (tanto tanto vicini) ai componenti dell’amministrazione comunale, che è notoriamente di centro sinistra.

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Vi riporto il piccolo dialogo che in questi ultimi mesi si è ripetuto parecchie volte. Ne sono stata anche testimone

Elemento del centro sinistra molto legato alla maggioranza in Comune ( acli e e pd): “La Preti non doveva dare la casa a quella famiglia perchè sono meridionali e hanno il suv.”

Risposta del  leghista preparato: ” Ma quella famiglia è in parte di origine veneta, sono nell’Alto milanese da almeno due generazioni, è residente da anni ad Ossona e  aveva bisogno di una casa. Eppoi, se finiva sulla strada  sarebbe costata al Comune circa 150mila euro all’anno. La Preti ha fatto risparmiare la comunità. Perchè non hai pensato tu a quella legge?”

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Elemento del centro sinistra: ” Ah, non è vero che quella famiglia è  di Ossona. E’ residente ma viene da Inveruno. La Preti doveva rimandarli a Inveruno, invece di dar loro la casa a Ossona. Eppoi hanno il suv”.
Il suv è in realtà una macchinetta di almeno 10 anni di età, ricordo del tempo in cui le cose andavano bene, del genere che al primo guasto si resta a piedi per sempre.

Il leghista:” Ma scusa, perchè allora han dato il secondo appartamento ad un famiglia albanese, se si lamentano della prima italiana ma di Inveruno?

Elemento di centro-sinistra:” ah ma loro hanno una figlia che deve finire le superiori: cosa volevi, che la rimandassimo in Albania dove non ci sono le scuole? Razzista.”
A questo punto, però, diventa difficile continuare: primo perchè si è soffocati dalle risate, secondo perchè la risposta potrebbe essere solo una parolaccia.  Non è mai bene dire le parolacce.

Questa invece è spiegazione di come sono andate realmente le cose

Partiamo dalla notizia di oggi sulla Prealpina per spiegare la situazione generale. A Legnano, che è una città di medie dimensioni, ci sono a disposizione delle famiglie in difficoltà 350 appartamenti di proprietà del Comune e circa 900 appartamenti di proprietà della società Aler. Tutte e due le tipologie di appartamenti sono da considerare “case popolari” che sono assegnate alle famiglie in difficoltà tramite un bando e un regolamento che, insieme, aiutano a comporre la lista di chi ha la priorità nella assegnazione. Negli anni scorsi, a Legnano, circa 90  famiglie facevano domanda per avere la casa popolare; quest’anno il bando si è chiuso con la domanda di 354 famiglie, di cui 35 sotto sfratto esecutivo.

Dato che la casa popolare non è un bene che si restituisce facilmente alla comunità, gli appartamenti sono assegnati man mano che si rendono liberi. 90 famiglie all’anno su un totale di circa 1200 appartamenti sono gestibili, 354 no. Cosa farà il Comune di Legnano, ora, non si sa. Il problema è grave, perchè se una famiglia ha uno sfratto esecutivo ed è stata abbastanza previdente da far domanda per entrare nella graduatoria del bando annuale per l’edilizia popolare pubblica, passa direttamente in cima alla lista, ma se, come la maggior parte dei casi, la famiglia non ha fatto domanda per la casa popolare, ai servizi sociali del Comune rimane da gestire a sue spese una situazione di assoluta emergenza.

Servizi sociali che non proteggono e non informano

I servizi sociali sono spesso alle prese con bilanci ridotti. Cercano di disincentivare le famiglie sotto sfratto a chiedere aiuto al Comune. Infatti, se l’aiuto è richiesto, le famiglie, una volta senza casa e in strada, restano a completo carico del Comune che deve trovargli una sistemazione in albergo ( spesso sono famiglie che vivono il dramma della disoccupazione e sono completamente senza denaro). Nel caso in cui ci siano dei bambini, le assistenti sociali spesso provvedono al ricovero della mamma e dei figli nelle case famiglia e mandano il papà in albergo. Il Comune è obbligato per legge a pagare il conto dell’albergo e della casa famiglia.

Per un Comune, il costo di uno sfratto esecutivo con bambini, se non si trova prima una soluzione intelligente, può arrivare facilmente a 50mila euro a persona all’anno. Per questo, quando si trovano di fronte a situazioni di emergenza di uno sfratto esecutivo, i servizi sociali tendono a procrastinare, a non informare i cittadini dei loro diritti, a tentare di scaricare sui parenti il problema della sistemazione, o ad arrivare a consigliare alle famiglie di arrangiarsi da sole anche quando è evidente che non ce la faranno e che rischiano di perdere la loro stabilità e il loro legame.

Il caso di Ossona 

Il nostro piccolo paese ha alcuni piccoli appartamenti di sua proprietà, destinati agli anziani, e sono presenti sul territorio due palazzine appartenenti all’Aler di Milano. La graduatoria per gli appartamenti comunali si fa dando la precedenza a chi ha più di 65 anni ma se la lista è vuota, gli appartamenti possono essere assegnati, provvisoriamente e dietro comunque al pagamento di un affitto, anche a persone e famiglie più giovani.

Gli appartamenti Aler erano, fino allo scorso anno, tutti assegnati, meno due, che invece erano stati messi nel programma di ristrutturazione in quanto il Comune li aveva dichiarati inagibili. Perchè siano stati considerati inagibili non lo so: avevano certamente bisogno di qualche lavoro di sistemazione, ma nulla di molto importante.

All’improvviso, alla Lega Nord di Ossona giunge voce che una famiglia in difficoltà economiche, con un bambino, aveva ricevuto lo sfratto esecutivo non più prorogabile. Il rischio era che, alla uscita dell’ufficiale giudiziario con le assistenti sociali, si innescasse un doppio dramma. Il primo era quello della famiglia e del bambino.

Sarebbero stati separati. In quella situazione, la possibilità di trovare lavoro e di recuperare la stabilità famigliare diventa minima. Il secondo dramma era quello dell’amministrazione di Ossona. Di sicuro avrebbe tolto i 150 mila euro, necessari a rispettare l’obbligo di legge di mantenere la famiglia, dai servizi sociali necessari al paese.

Confrontandosi con la responsabile d’area per cercare una soluzione, si è scoperto che nessuno aveva considerato la legge regionale che permette ai Comuni di superare la graduatoria e di assegnare il 20% degli appartamenti di edilizia pubblica appartenenti all’Aler in emergenza, perchè i due appartamenti vuoti erano considerati inassegnabili in quanto inagibili.

Però era stato il Comune a stabilire che erano inagibili e non l’Aler, quindi bastava che il tecnico togliesse il vincolo con un atto dell’ufficio e la casa per questa famiglia c’era. Non è stato semplice coordinare e seguire tutte le operazioni, ma alla fine si è riusciti a fare in modo che questa famiglia, italiana e residente ad Ossona, avesse la sua autonomia e non pesasse sulla comunità, e potesse ricominciare a costruire il proprio futuro.

Certe differenze…

Intanto, un’altra famiglia, questa volta di immigrati e con tre figli, aveva perso la casa. La banca aveva messo all’asta  il loro appartamento. Non erano riusciti a pagare il mutuo dopo la perdita del lavoro da parte del padre. La strada era già stata tracciata e il Comune ha utilizzato la stessa legge per assegnare il secondo appartamento dell’ Aler in via di emergenza. Questo è stato fatto anche se poteva esserci un problema con il permesso di soggiorno del padre. Infatti, non avrebbe più potuto ottenerlo perchè non aveva  trovato lavoro entro i sei mesi di legge.

La nostra legislazione dice chiaramente che non si possono espellere i minori di 18 anni e le loro madri anche se clandestini o non in regola con il permesso di soggiorno ( legge Bossi Fini), quindi il provvedimento di espulsione avrebbe colpito solo il padre, che avrebbe potuto rientrare in italia solo se avesse trovato un altro lavoro.

I freesbee…

In questo caso, il buon senso avrebbe spinto a cercare di non dividere la famiglia. Si poteva dare la possibilità di rientro al loro paese. Tornavano a casa con una parte del ricavato dell’appartamento andato all’asta. La scelta dell’amministrazione è stata invece quella di assegnare il secondo appartamento Aler alla madre. Lo hanno fatto sistemare a spese della famiglia.

Li hanno tenuti qui anche se avevano un’alternativa. Anche se il padre, ogni volta che viene in italia, dovrà avere il “visto turistico”. Per non essere clandestino (fino a che non trova lavoro).
Ora a voi i commenti.  Mi raccomando, però: se passate da piazza Litta fate attenzione ai frisbee! Volano veloci. Imbrogliano sulla direzione. Partono da centro sinistra. Sembrano andare a destra. Alla fine, però, cercano sempre di colpire alle spalle i leghisti. (Fonti: prealpina.it; Foto: Usien su commons.wikipedia.com)

Nota della redazione
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Ilaria Maria Preti

Giornalista, metà Milanese e metà Mantovana. Ho iniziato giovanissima con cronaca, cibo e politica. Per anni a Tvci, una delle prime televisioni private, appartengo alla storia della televisione quasi nella stessa linea temporale dei tirannosauri. Dal 2000 al 2019 speaker radiofonica di Radio Padania. Ora dirigo, scrivo e collaboro con diverse testate giornalistiche, coordino portali di informazione, sono una Web and Seo Specialist e una consulente di Sharing Economy. Il futuro è mio

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