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Femminicidio, maschicidio, delitto d’onore e i rischi del “politically correct” (il sole 24 ore)

Un articolo, pubblicato sul sole24ore, che parla di maschicidio e femminicidio ha causato una serie di equivoci e “querelle” a proposito dei delitti di genere, quelli cioè commessi con il movente della gelosia, del desiderio di possesso, della vendetta di tipo relazionale.
I giornalisti non sono immuni infatti dalle pressioni politiche sulle parole. C’è un elenco di parole che i giornalisti non possono pronunciare e tantomeno scrivere, a prescindere dalla declinazione del loro uso. Un altro elenco è destinato alle parole che è meglio preferire.

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Spesso capita che su alcune parole, specie i neologismi di genere, si creino delle vere faide: le vittime sono scrittori e giornalisti che, quando si occupano di certi argomenti, devono dribblare fra politically correct, avvocati, pressioni da parte di reti di associazioni di varie tipologie che pretendono che il giornalista scriva ciò che loro impongono e la possibilità di scrivere un articolo chiaro e comprensibile ai lettori.

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50 sfumature di violenza

femminicidio,maschicidio,sole 24 ore. Femminicidio, maschicidio, delitto d'onore e i rischi del "politically correct" (il sole 24 ore) - 30/06/2021

Tutto è iniziato da una intervista del Sole 24ore alla scrittrice Barbara Benedettelli, che nel 2017 ha scritto  “50 sfumature di violenza: femminicidio e maschicidio in Italia”. Una analisi sulle tipologie di omicidi viste dal lato del movente. E’ un libro che non ho letto e quindi non so giudicare, ma che di sicuro leggerò ora. Infatti l’articolo del Sole 24ore, che ne parla, ha scatenato le ire di alcune associazioni femministe che ne hanno preteso dal giornalista e dal direttore l’integrazione e la modifica dell’articolo con i dati istat del 2019.

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Mi sono persa la versione originale dell’articolo, però so che la modifica ha fatto arrabbiare anche la scrittrice del libro del 2017 che ne ha dette 4 sempre al povero giornalista. Questo il link al post facebook della scrittrice.
Nel libro si sostiene che, in quanto a numeri, in Italia le vittime di omicidi con movente passionale non hanno grosse differenze fra genere femminile e genere maschile. Si tratta di una valutazione supportata da dati e che ha dei riscontri anche nella realtà della cronaca nera. Infatti il problema non è il sesso del carnefice o quello della vittima, ma le motivazioni culturali che risiedono nell’omicidio stesso.

Per chiarire cosa sta succedendo bisogna ricordare alcuni passaggi della storia italiana

Fino al 1981 il codice penale italiano prevedeva il delitto d’onore, un omicidio a punibilità ridotta per quegli uomini e quelle donne che uccidevano il compagno o la compagna, l’amante, il marito o la moglie, o gli amanti del marito o della moglie, che li avevano traditi sessualmente, o avevano mancato alla promessa di matrimonio. Si trattava di una sorta di giustificabilità dell’omicidio commesso dalle “sedotte e abbandonate” o dai “cornuti” e “cornute”, considerato socialmente obbligatorio per ristabilire l’onorabilità del tradito.

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Erano tempi, nemmeno molto lontani, i cui il divorzio non esisteva, il matrimonio civile e religioso era indissolubile e il fidanzamento rappresentava un obbligo legale. Erano tempi in cui la donna sposandosi perdeva il suo cognome e in cui non vi era spazio per la libertà sessuale e personale, specialmente quella femminile. Il delitto d’onore era una concessione alle abitudini sociali del sud Italia, in particolar modo a quelle di gran parte della Sicilia.

Per inciso il reato di adulterio fu abrogato nel 1968, la legge sul divorzio è del 1970 (legge 898), la riforma del diritto di famiglia, in cui si stabiliva che le donne mantenevano il proprio cognome anche da coniugate, nel 1975 (legge 151) e le disposizioni sul delitto d’onore sono state abrogate il 5 agosto 1981 (legge 442).
Dopo, il nostro mondo ha lentamente iniziato a cambiare. C’è un bellissimo e famosissimo film di Mario Monicelli, “la ragazza con la pistola”, con Monica Vitti, che racconta di questo cambiamento. E’ una strada lunga, non ancora del tutto percorsa, ma che inizia con l’eliminazione dell’attenuante del delitto d’onore nel codice penale italiano.

La mentalità è cambiata, ma non del tutto. Anche non è piú un obbligo sociale, in alcune persone è rimasto il seme che porta all’omicidio del compagno per gelosia, per possesso, per vendicare un rifiuto. Oggi il delitto d’onore è un’ aggravante dell’omicidio, non più un’attenuante. Per una questione di correttezza politica, non poteva peró rimanere lo stesso nome, che oltrettutto richiama alla positività dell’onorabilità di una persona e ad un passato oscuro e poco lontano delle abitudini delle genti del sud Italia.

Femminicidio al posto di delitto d’onore ed è il caos

Il nome scelto per sostituire la parola delitto d’onore è femminicidio. Questo nome, di cui non conosco né genesi nè l’autore, è stato scelto in modo superficiale. E’ come se chi ha iniziato a parlare di femminicidio non avesse esperienza nè cultura del passato, e ponesse tutta l’attenzione solo sull’omicidio passionale delle donne da parte di uomini. La società ha inteso male il termine femminicidio. C’è chi ha inteso il femminicidio contrapposto all’omicidio. Chi lo ha recepito come se fosse la differenziazione fra le vittime donne e le vittime uomini degli assassinii. Il delitto d’onore non faceva distinzione di genere. Dalla parola femminicidio sono nate una serie di confusioni.

Femminicidio in vita e maschicidio in vita

Ci sono associazioni femministe che parlano di “femminicidio in vita”, con cui vogliono intendere le liti giudiziarie fra coniugi in cui le donne sono soccombenti giudizialmente, cioè hanno perso una causa. In questo caso la parola femminicidio crea ancora più confusione. Se si parla di uccisioni, di morti, è impossibile che le vittime siano ancora vive. Si parlerà di lesioni, danni psicologici, ferimenti, ma non di morte della vittima.

Di contrapposizione si impone anche il termine maschicidio. Per essere politicamente corretti, è stato reso complicato ciò in origine era facile da capire. Alla fine si arriverà a definire maschicidio in vita quando un uomo perde una causa di separazione o la custodia dei figli. A quel punto le statistiche che tengono il conto di femminicidi e maschicidi impazziranno.

Vittime di violenza domestica. Più donne o più uomini?

Parlando della tipologia di movente, è vero che ultimamente fra le vittime di violenza ci sono più donne che uomini. Ci sono molti motivi. L’uomo tende a denunciare meno. Anzi , non denuncia quasi mai, neppure lo stalking. Molte donne straniere che arrivano da situazioni culturali che prevedono la sottomissione della donna all’uomo hanno invece imparato a chiedere aiuto e a denunciare.

Ci sono anche i matrimoni misti fra donne italiane e uomini stranieri che provengono da culture maschiliste che finiscono con divorzi e denunce per violenza. E poi c’è la natura. E’ difficile che in uno scontro diretto e continuato, come può essere quello fra le mura domestiche, una donna abbia fisicamente la meglio su un uomo. Questi secondo me, sono i motivi per cui, nelle statistiche risultano più donne vittime di violenza, negli ultimi anni.

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Ilaria Maria Preti

Giornalista, metà Milanese e metà Mantovana. Ho iniziato giovanissima con cronaca, cibo e politica. Per anni a Tvci, una delle prime televisioni private, appartengo alla storia della televisione quasi nella stessa linea temporale dei tirannosauri. Dal 2000 al 2019 speaker radiofonica di Radio Padania. Ora dirigo, scrivo e collaboro con diverse testate giornalistiche, coordino portali di informazione, sono una Web and Seo Specialist e una consulente di Sharing Economy. Il futuro è mio

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