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Il rapimento di Aldo Moro. Racconto parziale e personale di quei giorni

Storia – Sono passati 39 anni dalla strage di via Fani, a Roma, compiuta dalle brigate rosse. Il 16 marzo 1978 in cui rapirono Aldo Moro, segretario della democrazia cristiana e uccisero gli agenti della sua scorta, Domenico Ricci di 42 anni, Oreste Leonardi di 52 anni, Giulio Rivera di 24 anni, Francesco Zizzi di 30 anni, Raffaele Iozzino, 25 anni. La strategia del terrore degli anni di piombo.

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aldo moroNel 1978 ero una ragazzina di prima superiore. Frequentavo il primo anno della scuola magistrali Gaetana Agnesi, in pieno centro di Milano. In quella scuola femminile andavano ragazzine di buona famiglia borghese. Io venivo dalle scuole dei quartieri malfamati della periferia. Non riuscivo ad adattarmi, a comprendere gli insegnanti e i loro pregiudizi. Non capivo la politica e tanto meno cosa volessero da me.  Erano gli anni di piombo. Chi è nato dopo quel giorno è ormai pienamente adulto. Ha una visione storica d’insieme del periodo, lo ha studiato sui libri di storia.

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Gli anni di piombo e il compromesso storico

La mia è invece una visione personale e parziale. La tensione era altissima, specialmente nelle scuole. Se avevi idee diverse dalla massa, poteva succedere che ti picchiassero o ti sparassero. La massa era identificata dalle persone che avevi intorno, in quella determinata fabbrica, in quella determinata scuola. Nessuno era contento della situazione politica. La lotta fra comunisti e borghesi non convinceva. A sinistra dicevano che le brigate rosse erano dalla parte del popolo e che volevano la rivoluzione contro i ricchi e borghesi. A destra, che poi allora era la democrazia cristiana, dicevano che le brigate rosse volevano destabilizzare lo Stato. In mezzo, la gente normale, come me, non capiva.  Lo stato pareva già molto destabilizzato di suo.

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Si aveva la sensazione che servise solo a complicare al vita. Non c’era nessun bisogno di fare una rivoluzione in un periodo in cui si era ancora in una situazione economica d’oro. Il compromesso storico, realizzato da Aldo Moro, era una specie di patto del Nazzareno antesignano. L’accordo non scritto diceva che  la DC avrebbe avuto il governo dello stato, mentre il PCI avrebbe avuto quello dei Comuni e forse dell’allora neonate regioni. I due partiti non si disturbavano a vicenda. Pareva che l’accordo fosse fatto.

Il giorno in cui rapirono Moro

Quella mattina, il 16 marzo 1978, ero a scuola, in classe. I miei genitori erano venuti a prendermi poco prima di mezzogiorno. In automobile c’era già mio fratello recuperato alle scuole medie vicine a casa.  Non era tempo di internet, le notizie arrivavano via fax o dal telegiornale in edizioni straordinarie, o tramite telefonate di parenti e amici. La televisione in casa c’era, ma rimaneva inesorabilmente spenta fino al pomeriggio tardi, dopo i compiti. I canali erano 6. Rai 1, rai 2, un pochino Rai 3, Capodistria, Telemontecarlo e la Svizzera.

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C’erano le tv private, ma erano piccole. Non erano in grado di creare telegiornali dell’ultim’ora. Spesso trasmettevano solo alla sera. I giornali uscivano con un giorno di ritardo. Furono i miei genitori a portare la notizia del rapimento di Aldo Moro e della strage dei 5 agenti di scorta a scuola. Mentre io uscivo e salivo in auto con i miei, le insegnati avevano avvisato che mandavano a casa anche le mie compagne di classe. Il timore era quello di trovarsi nel pieno di una rivoluzione, con i terroristi che sparavano e assaltavano, per l’appunto, le scuole. Noi andammo a Quistello, a Mantova, dalla nonna. Restammo in campagna circa una settimana, fino a che non si capì che la rivoluzione comunista non ci sarebbe stata neppure quella volta. Poi la vita tornò alla normalità.

L’omicidio di Aldo Moro

All’emergenza ci si abitua, fino a che anch’essa non diventa quotidianità. Per i seguenti 55 giorni, la vicenda del terribile rapimento di Aldo Moro e della morte dei 5 agenti fu il dramma e il dolore immenso delle loro famiglie. Per gli altri era diventato un fatto di cronaca. Il mondo, il governo, lo stato continuavano lo stesso. Sembrava non fosse accaduto nulla. Si discuteva di Prodi, di sedute spiritiche, di medium, di lettere e messaggi. Il giorno in cui trovarono il corpo di Aldo Moro nel portabagagli di un’auto parcheggiata in via Gradoli a Roma, a nessuno venne in mente che potesse scoppiare una rivoluzione comunista.

Sono passati 39 anni. Pieni di misteri, inchieste e ricostruzioni, di processi. Ci sono ancora, di tanto in tanto, degli scoop. La rivoluzione comunista non c’è stata. Non ci sono più nemmeno la DC e il Pci. Però non si è riusciti ancora a comprendere i motivi che hanno portato a quei fatti. Persino i nomi di tutti quelli che hanno partecipato al rapimento e agli omicidi di Aldo Moro e della sua scorta sono ancora coperti da un velo di mistero.

Nota della redazione
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Ilaria Maria Preti

Giornalista, metà Milanese e metà Mantovana. Ho iniziato giovanissima con cronaca, cibo e politica. Per anni a Tvci, una delle prime televisioni private, appartengo alla storia della televisione quasi nella stessa linea temporale dei tirannosauri. Dal 2000 al 2019 speaker radiofonica di Radio Padania. Ora dirigo, scrivo e collaboro con diverse testate giornalistiche, coordino portali di informazione, sono una Web and Seo Specialist e una consulente di Sharing Economy. Il futuro è mio

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