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Referendum. Renzi ha perso la guerra delle percentuali

Referendum trivelle – Il confronto dei dati del referendum trivelle con le elezioni europee mette in difficoltà Matteo Renzi. Nessuno lo dice, per una forma di pietà politica, ma ha perso la guerra delle percentuali. Svelati i segreti che si sussurrano nei corridoi.

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Matteo Renzi perde la guerra delle percentualiMatteo Renzi dice di aver vinto il referendum delle trivelle, e sposta il discorso sui posti di lavoro mantenuti, come se cercasse giustificazioni. Sono in molti, fra i cittadini che non si occupano di politica, a farsi delle domande sul motivo di un comportamento che sarebbe più normale se avesse perso. Di solito, si ha poca memoria storica su ciò che non appassiona, altrimenti, oltre a ricordare che Matteo Renzi non è mai stato votato dalla popolazione, ci si ricorderebbe anche che, al momento delle elezioni europee del 2014, il presidente del consiglio italiano ha trasformato il voto in una sua affermazione politica, come se il risultato delle elezioni europee corrispondesse al gradimento per il suo governo.
Complice il forte astensionismo elettorale, che colpisce in modo doloroso il paese, alle elezioni per il Parlamento Europeo aveva votato il 58% degli aventi diritto. Di questo 58%, gli esponenti sostenuti dal governo Renzi avevano ottenuto il 40%, che spalmato su tutti gli aventi diritto significa  che solo il 23,2% della popolazione aveva volontariamente espresso un voto a favore del renzismo. Matteo Renzi aveva dichiarato più volte,  che il 40% degli italiani gradiva la sua politica e che le elezioni europee ne erano la prova.

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La matematica fa male a Renzi

Anche il referendum sulle trivelle è stato trasformato in un atto di conferma politica. Furbamente, Renzi ha scelto la posizione più comoda. Dato che l’astensione è alta, promuovendola poteva sembrare che chi non andava a votare fosse tutto dalla sua parte. Se avesse voluto mostrare davvero i muscoli, avrebbe invitato ad andare a votare per il No al referendum delle trivelle, come hanno fatto alcuni suoi compagni di partito.
Al referendum ha votato infine il 32% del corpo elettorale. Di questi, l’85% ha votato SI  e il 15% NO. Ciò significa che, del corpo elettorale completo (compreso chi non vota),  il 27,2 % si è espresso per il Si e il 4, 8 per il No.  Il 27,2% è una percentuale più alta del 23,2% delle elezioni europee e la opposizione interna a Renzi, nel PD, ha ottenuto il 4,8% dei voti dell’intero corpo elettorale, invitando la gente a fare uno sforzo e andare a votare al referendum solo per far dispetto a Renzi. Continuando il ragionamento, Matteo Renzi ha avuto la chiara sensazione che quel suo 23,2% delle elezioni europee, mascherato da 40%,  si sia ridotto, in due anni ad un ben più piccolo 18,8% . Inoltre, anche se con l’apporto della lega Nord, che ha promosso il referendum delle trivelle, non ci si può nascondere che i temi ambientali siano cari a chi vota a sinistra e che quindi buona parte di quel 27,2% che è andato a votare Si, siano elettori di sinistra, ma non di Matteo Renzi.

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Il gradimento del governo italiano è quindi sceso moltissimo e se si sommano gli aderenti al partito dell’astensionismo, cui non piace nessuno, compreso Renzi, con chi è andato a votare al referendum delle trivelle,  a favore del presidente del consiglio italiano non è rimasto nessuno, nonostante lui dica di aver vinto il referendum.
Il motivo per cui non si parla molto di questi conteggi è che è difficile comunicarli e il partito dell’astensione dal voto non colpisce solo il governo, ma la sua esistenza è una responsabilità condivisa fra tutti coloro che si sono occupati di politica.  Convincere la gente a riprendere a votare non è facile. Non bastano le parole. Al giorno d’oggi la politica deve essere concreta. Aggiustare le strade, mettere i tombini, promuovere il lavoro e l’economia, e non sprecare denaro. Le parole hanno pochissimo valore. Anzi, forse non ce l’hanno per niente se non sono strettamente legate ai fatti.

 

Nota della redazione
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Ilaria Maria Preti

Giornalista, metà Milanese e metà Mantovana. Ho iniziato giovanissima come cronista, critica gastronomica e politica. Per anni a Tvci, una delle prime televisioni private, appartengo alla storia della televisione quasi nella stessa linea temporale dei tirannosauri. Dal 2000 al 2019 speaker radiofonica di Radio Padania. Ora dirigo, scrivo e collaboro con diverse testate giornalistiche, coordino portali di informazione, sono una Web and Seo Specialist e una consulente di Sharing Economy. Il futuro è mio

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