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Camicie verdi assolte. Non era un’organizzazione militare

Bergamo – E’ la fine di un incubo giudiziario durato 19 anni. Il gup, giudice udienza preliminare, di Bergamo, Tino Palestra ha chiuso il processo alle 33 camicie verdi, le “guardie padane” con la formula del “non luogo a procedere”. In pratica, ha detto e deciso che il processo che aveva iniziato 19 anni fa il procuratore di Verona, Guido Papalia, non era un reato. Le dichiarazioni di Fabrizio Cecchetti, Roberto Calderoli e Umberto Bossi. Ora si attende, si spera, la stessa sorte per i 55 indipendentisti veneti che a ottobre sono stati rinviati a giudizio per terrorismo. Chissà, forse gli avvenimenti di questi giorni a Parigi faranno capire ad altri giudici italiani quale sia la differenza fra un terrorista e un indipendentista della repubblica di Venezia.

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La guardia nazionale padana

La lentissima giustizia italiana ha finalmente riconosciuto che la Guardia Nazionale padana era il servizio d’ordine della manifestazione della Lega Nord e non un’organizzazione paramilitare. Dovremmo dirlo a bassa voce, ringraziando questo ultimo giudice che ha dimostrato tanto buonsenso, ma sono stati 19 anni molto lunghi per i militanti della Lega nord che quel mattino del settembre 1996 si ritrovarono coinvolti, a causa della loro generosità e del loro impegno sociale e politico, nei “Fatti di via Bellerio”.

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All’inizio dell’inchiesta molti politici leghisti erano stati coinvolti nel lungo processo. La Camera dei Deputati e il Senato della Repubblica avevano decretato l’insindacabilità  delle condotte di Umberto Bossi, Roberto Maroni, Francesco Speroni, Roberto Calderoli, Mario Borghezio, Giancarlo Pagliarini e Marco Formentini, definendo la Guardia Nazionale Padana come un servizio d’ordine, ma il processo nei confronti di chi non era, in quel momento, parlamentare era continuato.

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Dal 1996 il primo rinvio a giudizio era stato nel  2010 a Verona, poi nel 2014 uno degli avvocati della difesa aveva presentato una eccezione di incompetenza territoriale, e dato che la prima uscita delle camicie verdi era stata al raduno di Pontida del 1996, il giudice l’aveva accolta. Il Publico ministero, Gianluigi Dettori, a quel punto, lo scorso ottobre aveva chiesto il processo per tutti gli imputati con la pesantissima accusa di associazione militare a scopi politici. Ne avevamo parlato anche su Cronaca Ossona nell’articolo Riprende il processo alle camicie verdi dopo 18 anni.  Oggi arriva, da parte del Giudice Tino Palestra la liberazione con il “non luogo a procedere”. Fra 30 giorni, quando saranno depositate, conosceremo le motivazioni della sentenza.

Grande la soddisfazione dei leghisti

 “Accogliamo con grande felicità e soddisfazione l’archiviazione del processo alle camicie verdi. Finisce un incubo per dei cittadini onesti che per quasi 20 anni hanno vergognosamente subito un processo alle idee. Ora lo Stato paghi i danni morali” commenta Fabrizio Cecchetti, vicepresidente del consiglio della Regione Lombardia, e poi rincara:
“E’ incredibile ciò che è successo. Ora come minimo lo Stato italiano dovrebbe chiedere scusa e pagare i danni morali a 33 persone innocenti che per 19 anni sono state pesantemente infangate e addirittura accusate di essere dei violenti terroristi. Viene poi da domandarsi quanti soldi pubblici siano stati letteralmente buttati in questo processo farsa. Ritengo che sia arrivato il momento di inserire concretamente in ogni settore lavorativo il principio del ‘chi sbaglia paga’.

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E in questo caso chi ha agito per lo Stato ha sbagliato. In questo modo eviteremmo inutili processi utilizzati a fini mediatici e avviati con l’unico scopo di diffamare cittadini e gruppi di persone per le loro idee. Si risparmierebbero inoltre soldi che potrebbero essere usati per questioni ben più importanti”

Anche Umberto Bossi ha commentato la fine del processo penale che ha accompagnato la sua storia politica e quella della Lega Nord:”Era un processo politico che non poteva finire in altro modo. Sono contento, la vicenda si chiude positivamente e dimostra che le idee politiche sono libere e non si possono processare”. Anche Roberto Calderoli, ha commentato pubblicamente la fine del processo che ha definito ” un processo alle opinioni che non avrebbe mai nemmeno dovuto iniziare”.

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Roberto Calderoli, vice presidente del Senato, ha infatti scritto sul suo profilo Facebook: “Verrebbe da dire giustizia è fatta davanti alla notizia dell’assoluzione piena dei 34 cittadini eternamente imputati nel processo a Verona sulle ‘camicie verdi’. Ma in questo momento insieme alla soddisfazione per la conclusione di questa assurda e lunghissima vicenda processuale, c’è anche un senso di frustrazione e rammarico, perché questo processo, così lungo, impegnativo e costoso, non avrebbe mai dovuto neppure iniziare, trattandosi solo di opinioni liberamente espresse, senza che mai ci fosse stato un singolo atto di violenza o prevaricazione.

Questo processo alle idee non doveva mai neppure iniziare e invece si è trascinato quasi per vent’anni e questo rappresenta una sconfitta, in primis per la procura di Verona che fino ad oggi fortemente si è impuntata su questo processo, senza mai neppure arrivare ad una sentenza in conclusione di un dibattimento di primo grado, ma soprattutto per la giustizia italiana, che ha tenuto per quasi vent’anni questi 34 uomini in ostaggio di un processo basato sul nulla.”

Tanti altri politici e militanti della lega nord oggi hanno festeggiato la fine di questo processo che era sempre stato visto come un tentativo di punire e schiacciare idee e i progetti politici assolutamente legittime, e che aveva offeso l’anima, la coscienza e il senso civico di tante persone per bene. Ora si aspetta anche la fine di un altro processo assurdo, che si configura nello stesso modo, come un processo alle idee: quello contro gli indipendentisti veneti che furono arrestati per aver bardato una ruspa per festeggiare San Marco. Anche in questo caso Cronaca Ossona ne aveva dato la notizia nell’articolo Processano gli indipendentisti veneti per terrorismo.

Nota della redazione
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Ilaria Maria Preti

Giornalista, metà Milanese e metà Mantovana. Ho iniziato giovanissima come cronista, critica gastronomica e politica. Per anni a Tvci, una delle prime televisioni private, appartengo alla storia della televisione quasi nella stessa linea temporale dei tirannosauri. Dal 2000 al 2019 speaker radiofonica di Radio Padania. Ora dirigo, scrivo e collaboro con diverse testate giornalistiche, coordino portali di informazione, sono una Web and Seo Specialist e una consulente di Sharing Economy. Il futuro è mio

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