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Piccoli Comuni e Autonomie al centro. Fusioni si, fusioni no

L’italia dei Comuni sta per finire? Forse si, forse no. Oggi il punto politico è sulla realizzazione delle Autonomie regionali, ma nei Comuni si parla delle fusioni amministrative, e quindi di una perdita di autonomia, quasi per scelta. Ecco diverse testimonianze e 2 modi di affrontare il problema a confronto. Quello di Anci, in Lombardia e quello di Anpci, in Piemonte.

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La forma amministrativa dei Liberi Comuni è nata al Nord nell’età medievale e da secoli è stata esportata in tutta la penisola e anche in motli paesi dEuropa. Costituisce il substrato storico di tutte le comunità. Il Comune non era il villaggio, era la città autodeterminata, la città Stato, con statuto, regolamenti e cittadini.

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Dopo secoli di alterne fortune, le difficoltà economiche, e le scelte politiche dei governi di poco tempo fa, hanno ridotto drasticamente i trasferimenti finanziari ai Comuni da parte dello Stato italiano, aumentando la capacità impositiva comunale nei confronti dei cittadini. In questa situazione è sempre più difficile, per i Comuni, effettuare propri compiti, che vanno dalla gestione della sicurezza e della polizia locale, alla gestione di acqua, energia elettrica, fogne, servizi sociali e molto altro. Più è piccolo il comune, meno cittadini ha, più è difficile amministrarlo e garantire tutti i servizi.

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piccoli comuni,ingria. Piccoli Comuni e Autonomie al centro. Fusioni si, fusioni no - 17/07/2019


Ecco perchè in alcuni casi si è spinto per la fusione amministrativa fra Comuni confinanti. Una scelta proposta da Anci (Associazione nazionale Comuni Italiani) come necessaria, e contrastata da ANPCI (associazione nazionale piccoli comuni italiani). La promozione alle fusioni di Comuni è stata incentivata dai passati governi. La fusione è infatti una procedura amministrativa lunga, da effettuare in più anni. Le fusioni sono state una scelta incentivata dal’ex Governo renzi, ma la gestione associata obligatoria di almeno 3 servizi comunali per i i comuni al di sotto dei 5mila abitanti era stata imposta.

Il Piemonte ha molti Piccoli Comuni che hanno mantenuto la loro autonomia

Piemonte. Dal Direttivo regionale piemontese dell’ ANPCI, Associazione Nazionale piccoli Comuni italiani, che sin dal 1997 raccoglie soci fra i comuni al di sotto dei 5mila abitanti, hanno inviato delle osservazioni sul tema. Vale la pena di leggerle per aumentare la comprensione sia del fenomeno e sia della resistenza alle fusioni.

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Franca Biglio, Presidente dell’Associazione, ha detto che “Senza i folli contributi statali e regionali seriamente i Comuni avrebbero mai pensato di fondersi? Davvero si è potuto credere che lo Stato potesse erogare, in piena spending review e rischio di procedura di infrazione europea, come nel paese di Bengodi, tutti quei milioni?! “

“Prima di imboccare una strada senza ritorno occorreva leggere bene le norme: Art 20 dl 95/2012 comma 1 e smi che stabilivano un importo nei limiti degli stanziamenti finanziari previsti in misura comunque non superiore a 1.5 milioni di euro. Da anni portiamo avanti la battaglia contro questa finta spending review, dimostrando che i piccoli Comuni non hanno bisogno di tutori che impongono o spingono verso le unioni e le fusioni, strumenti che, oltre a generare maggiori costi, riducono gli spazi di democrazia diretta nella nostra amata Italia”.

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piccoli comuni,ingria. Piccoli Comuni e Autonomie al centro. Fusioni si, fusioni no - 17/07/2019

Il parere di uno dei più piccoli comuni d’Italia: Ingria, 45 residenti ma quasi 1000 in estate e con un territorio di montagna.

Igor De Santis, borgomastro di Ingria, insieme al Consigliere Comunale Andrea Cane, neo eletto anche in Regione Piemonte, ci vanno giù duri. “Da noi in Val Soana non ci siamo mai sognati di fondere non solo i Nostri Capoluoghi e Frazioni, ma soprattutto le nostre identità per poi diventare una sorta di nuovo Ente Locale malforme e barcollante modello Frankenstein, con il miraggio di ottenere i contributi straordinari che Stato e Regioni hanno stanziato a tale scopo, senza rendersi conto che questi contributi sarebbero poi stati ridotti. “

“Una condizione di fusione che come condiviso con l’amica Franca Biglio riteniamo fondamentalmente poco vantaggiosa nel medio lungo termine. Una scelta che, come Amministratori di un Comune che “tiene duro da anni”, riteniamo non efficiente. Ci batteremo anche in Regione nei prossimi anni affinchè Autonomia non faccia mai rima con la perdita delle identità locali, bensì con più voce ai Comuni. “

“Sicuramente ci sono alcune situazioni territoriali che impongono le fusioni, ma pensiamo che certe decisioni nel passato siano state troppo affrettate e non ci pare corretto in questo caso prendersela con i rappresentanti del Governo, soprattutto dopo che la Commissione Europea ha accolto le istanze dell’esecutivo italiano con Bruxelles, cancellando di fatto qualsiasi spauracchio di procedura d’infrazione per debito della nostra Nazione”.

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Anche dal parlamento italiano ci sono state delle prese di posizione. Una di queste è dell’ l’On. Alessandro Giglio Vigna

“Premettendo che ogni Comune è libero di associarsi come meglio crede, con il direttivo Regionale dell’ANPCI abbiamo ragionato sul fatto che occorra fare molta attenzione riguardo a queste operazioni. Spesso spengono la luce della storia, delle tradizioni e della cultura dei Comuni.

Soprattutto di quelli più piccoli. Alimentano delle chimere dorate temporanee, che spesso si rivelano dei boomerang, come per esempio ciò che è accaduto qualche mese fa ad alcuni Comuni Canavesani che dopo essersi fusi non hanno potuto beneficiare in modo completo di alcuni contributi statali previsti per i singoli Municipi.

Sulle fusioni non me la sento di essere nè dialogante nè politicamente corretto: per quel che mi riguarda non esiste nulla di più lontano dalle mie idee, sono rarissimi i casi in cui fondere non è sbagliato, questi rari casi hanno ragioni storiche profonde. Alcuni Sindaci del Canavese hanno sbagliato, illudendo i cittadini con propaganda modernista hanno cancellato con un colpo di spugna i loro Comuni sintesi di identità, storia, tradizione, campanile”.

Anci, l’associazione nazionale dei Comuni italiani, e i piccoli Comuni

Il problema è molto sentito anche da Anci, l’altra Associazione di Comuni. Anci ha dedicato ai piccoli Comuni suoi soci la “XIX Conferenza dei piccoli comuni italiani, che ha avuto luogo il 5 e il 6 luglio 2019 a Gornate Olona (Va). Hanno partecipato diversi amministratori pubblici di molti livelli, fra cui anche il presidente di regione Lombardia Attilio Fontana. L’approccio di Anci alla questione è quasi scontato.

Si è parlato delle gestioni associate e delle fusioni, come se non ci fossero altre vie amministrative per mantenere attivi i Comuni con un basso numero di residenti. Il suggerimento principale è di aumentare il numero dei cittadini, applicando politiche per il controesodo, anche se si chiede di passare dal concetto di obbligatorietà a quello di volontarietà.

La valorizzazione dei ‘Piccoli Comuni’, il 54% del territorio nazionale, passa da politiche che consentano di rafforzare i servizi ai cittadini e di rilanciare l’occupazione locale, contrastando il disagio insediativo e sviluppando azioni concrete con cui favorire il ‘Controesodo’, a partire dai territori periferici che costituiscono pur sempre la gran parte della Penisola.”

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Virginio Brivio, sindaco di Lecco e presidente di Anci Lombardia alla tavola rotonda Gestioni associate e piccoli comuni. Facilitare collaborazioni e aggregazioni senza imposizioni

L’Assemblea, aperta dal coordinatore dei piccoli Comuni Anci Lombardia Michel Marchi, si è svolta con tre tavole rotonde: una deidicata all’Agenda Controesodo, sulle azioni per contrastare lo spopolamento dei territori periferici. La seconda dedicata alle gestioni associate dei servizi e la terza dedicata alle Tipicità ed alle economie locali.
Il discorso Del sindaco Virginio Brivio ai sindaci dei piccoli comuni riuniti a Gornate è stato molto interessante. Vale la pena di riportarlo come dal comunicato che ha diffuso a chiusura della tavola rotonda intitolata a ‘Gestioni associate da obbligo a volontarietà. Sindaco protagonisti dei nuovi assetti del territorio’.


“Le procedure di unioni o fusioni di Comuni rappresentano certamente un beneficio effettivo per gli enti, ma è necessario ripartire con un livello istituzionale che faciliti le aggregazioni, senza imposizioni ma che facilitino per esempio l’interscambio di personale o la condivisione di progetti su area vasta non imposti e finanziati. Non da ultimo c’è la necessità di ridare un ruolo alle istituzioni intermedie come le province o le comunità montane che possono assumere l’importante ruolo di enti di raccordo”.

“Questi processi devono certamente essere convenienti dal punto di vista economico, ma non basta. In Lombardia, dove le sfide da cogliere sono tante, vi sia anche la consapevolezza che molte di queste sfide non coincidono con i confini del proprio territorio comunale.  Riconoscere che molte questioni superano i confini del proprio territorio e del proprio agire politico sarebbe un grande salto di qualità importante e per fortuna questo rappresenta un traguardo che in Lombardia stiamo pian piano raggiungendo”.

Attilio Fontana, presidente della regione Lombardia, in tema di autonomia, promette che una maggiore collaborazione con i comuni

Le parole del presidente Fontana promettono che nella realizzazione dell’autonomia a livello nazionale vi saranno dei miglioramenti anche per i piccoli comuni. “Il dialogo a livello nazionale per l’Autonomia prevede anche, di istituire Zone economiche speciali (Zes) con vantaggi fiscali nelle zone di confine e nei territori dove maggiore è la minaccia di
spopolamento. Un modo per attrarre gli investimenti e allontanare il fenomeno dello spopolamento che rischia veramente di cancellare questi centri piccoli, ma pietre miliari della nostra identità”.

“A favore dei piccoli Comuni l’impegno della Regione è inoltre orientato a semplificare l’accesso ai bandi e ai procedimenti autorizzativi per rendere maggiormente fluida l’attività amministrativa, spesso imbrigliata dalla burocrazia”

Nota della redazione
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Ilaria Maria Preti

Giornalista, metà Milanese e metà Mantovana. Ho iniziato giovanissima come cronista, critica gastronomica e politica. Per anni a Tvci, una delle prime televisioni private, appartengo alla storia della televisione quasi nella stessa linea temporale dei tirannosauri. Dal 2000 al 2019 speaker radiofonica di Radio Padania. Ora dirigo, scrivo e collaboro con diverse testate giornalistiche, coordino portali di informazione, sono una Web and Seo Specialist e una consulente di Sharing Economy. Il futuro è mio

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