Milano 2011-2016. 5 anni sotto il comunismo
Giunta Pisapia e sinistra al potere: hanno vinto gli zingari e ha perso la gente. Era il 16 maggio 2011 quando Milano, dopo tanti anni, cadeva sotto il comunismo. Francamente avevo minimizzato anche io stesso, anteponendo a tutto il dispiacere per la sconfitta elettorale (che comunque non avevo vissuto
in prima persona, ovviamente).
Ora, dove prima c’era un venditore abusivo (ed era già troppo, e criticavo la Moratti per questo: oh, se la criticavo) adesso ce ne sono 5; gli zingari si sono impadroniti dei semafori, gli africani dei parcheggi davanti ai cimiteri e agli ospedali; i negozi italiani chiudono, e riaprono con gli occhi a mandorla; tutte le tasse comunali sono aumentati; i biglietti dell’Atm, per fare 2 fermate, costano 1,50 € ma per gli extracomunitari è gratis; davanti al Castello Sforzesco hanno messo una copertura in acciaio, i mezzi pubblici sono sempre più in ritardo e, quando dovrebbero andare, c’è sciopero; le feste di quartiere sono dei suk; la Scala, un tempo teatro d’eccellenza, ora si occupa solo di cultura di sinistra; i centri sociali hanno in mano la città, occupano e distruggono a loro piacere inzozzando i muri che poi i cittadini (quelli che votano centrodestra) puliscono sommessamente, le linee della Metropolitana sono 4: 1 (rossa), 2 (verde), 3 (gialla) e… 5 (lilla): già, si salta il 4, ma se sei di sinistra puoi fare anche questo.
Questo e tanto, tanto altro è successo in questi 5 anni dove Milano, dopo lo splendore nel quale l’aveva lanciata la Lega Nord amministrando (da sola) dal 1993 al 1997, sta cadendo inesorabilmente, in un contesto da capitale sovietica nella quale il comunismo ha raggiunto il potere e l’apice del suo sogno: prendere i soldi degli altri (dei contribuenti) e usarli per darli agli iscritti della sinistra.
5 anni fa, nel maggio 2016, il comunismo ha preso il potere e ora governa. Il sindaco è lì, nell’ufficio del sindaco, guarda Milano dalla finestra di Palazzo Marino e vedo un ghigno comparire sul suo volto; sotto, Milano si presenta così: un uomo per terra, coricato, nella centralissima piazza Cadorna, con i pantaloni abbassati fino a che si vede il sedere; intorno, gli elettori di sinistra passano lo vedono e nessuno si ferma, neppure per rialzargli i calzoni: non c’è da guadagnare e allora non lo fanno perchè Loro, quando devono aiutare gli altri, devono guadagnarci privatamente altrimenti non lo fanno. E’ il comunismo. E’ Milano. E oggi la parola ritorna al popolo.
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sono nata a Milano e ci sono rimasta fino all’età di 28 anni. Ora abito in Franciacorta ed evito accuratamente di tornare nel mio vecchio quartiere (la Bovisa) per non vedere i nomi sui citofoni quasi tutti stranieri, gente di tutti i colori ciodolanti o appoggiati ai muri dei palazzi con un piede per terra, l’altro appoggiato al muro come il fondoschiena, sigaretta in mano ed occhi che ti seguono con uno sguardo di disprezzo; mi sembra di vedere certe situazioni del sud Italia con gruppi di nullafacenti radunati davanti ai bar quasi a presidiare il territorio che considerano loro protettorato. Perchè non reagiamo a questi atteggiamenti con la stessa indignazione che ci coglie di fronte a comportamenti mafiosi? (forse ho usato erroneamente il tempo del verbo cogliere: è meglio dire “ci coglieva”). Ho visto di recente la fotografia del cuore di un cane affetto da filariosi invaso da parassiti che si sono insinuati invisibilmente nell’animale colonizzandone il nobile organo e riducendolo come una ciotola colma di spaghetti attorcigliati conducendo alla morte il portatore senza rendere mai evidente la loro presenza. Questa progressione di invasione mi ricorda quella che stiamo vivendo con soggetti i clandestini ed oggetti gli italiani con l’aggravante che, pur essendo i soggetti molto visibili, gli oggetti non fanno nulla di utile per liberarsene; semplicemente, approssimandosi la morte, rimpiangeremo di aver messo al mondo figli che non abbiamo saputo difendere ed a cui non abbiamo insegnato a difendersi.