Quistello, Mantova: cronache da un terremoto dimenticato dallo Stato
Questa volta scrivo da blogger per raccontare la mia esperienza e quella dei miei parenti e amici che vivono in quella parte della Bassa Lombardia colpita lo scorso maggio da un terribile terremoto.
Là, a Santa Lucia di Quistello, in quel lembo di Lombardia e della provincia di Mantova che è al di là dal Po e dove si parla una lingua diversa dall’emiliano e dal lombardo, c’è una grande casa. E’ della mia famiglia dalla notte dei tempi.
Le prime notizie scritte che se ne hanno la datano del 1600, ma in realtà è molto più antica. La parte nuova l’ha costruita il bisnonno all’incirca a metà del 1800. E’ circondata da un bel pezzo di terra, quando ero piccola era molto più grande. Si trova quasi sotto l’argine della Secchia, un fiume appenninico che si getta nel Po solo poco più avanti, circa due chilometri, attraversando il bellissimo parco naturale delle golene. In quella casa, dove ho passato tanti momenti della mia infanzia, il disastro più temuto era la piena del Po e la possibilità, nemmeno troppo remota, che la Secchia straripasse.
Le case, specie quelle vecchie, sono costruite per resistere il più possibile all’acqua, mica ai terremoti. La cosa più importante, per la gente della bassa padana, persino per chi è andato a vivere in città, è la terra, e la cosa cui non possono rinunciare è l’orizzonte di verde e marrone che si stende davanti agli occhi. In quelle campagne, quando non vedi l’orizzonte è perchè c’è la nebbia. Una nebbia così forte che entra persino in casa, e può essere dissipata solo dal fuoco del camino o della cucina economica. La nebbia, però, è sempre acqua e dell’acqua non ti puoi fidare; invece della terra finora ci si era sempre potuti fidare. Il terremoto ha sconvolto l’ordine delle cose.
Oltre all’ordine delle cose ha sconvolto anche il senso della giustizia della gente. Non ci sono stati morti, è vero, ma le case sono inagibili, e, ad ogni scossa di assestamento le crepe si allargano di più. Non siamo abituati a lamentarci e lo Stato è da sempre considerato una entità astratta, di cui non si capiva mai bene che collegamento potesse avere con noi. Persino i soldi versati per le tasse diventano evanescenti e perdono di realtà non appena sono versati. E’ come se non fossero mai esistiti. Finora.
Ora, però, anche se alla televisione non si parla più del terremoto che ci ha colpiti, anche se sembra che sia tutto a posto, le famiglie sono ancora tutte fuori dalle loro case, chi ha avuto meno danni ha ospitato i parenti che sono rimasti senza abitazione, in silenzio. Chi ha potuto riparare la casa lo ha fatto subito, senza neppure farsi molte domande sui rimborsi che sarebbero dovuti arrivare, quando però i soldi non sono arrivati, perchè dallo Stato non è arrivato un solo euro il senso della giustizia delle genti mantovane si è ribellato.
E’ troppo forte e ingiusto il confronto fra noi che attendiamo perlomeno di non dover essere costretti a pagare le tasse e l’imu sulle nostre case distrutte, e il terremoto del Belice che è del 1968 e ancora riceve finanziamenti o quello dell’Irpinia, del 1980. Non reggiamo il confronto nemmeno con quello dell’Aquila. Ci si sentiamo presi in giro.
Fino a questo momento nel Mantovano sono arrivati i 41 milioni di euro trovati dal Consiglio regionale della Lombardia, alcune donazioni private, comprese quelle che spero siano state raccolte per Moglia durante il concerto che ha avuto luogo ad Ossona (Mi) settimana scorsa, e qualche soldino per mettere in sicurezza, (non riparare) chiese e monumenti.
E i cristiani? Quelli li abbiamo dimenticati? E la gente che deve sistemare la casa in modo da poterci tornare a vivere e che ora paga l’affitto in un paese ben più lontano dal suo lavoro di prima? Non contano? Non c’è diritto a riavere il proprio tetto sulla testa, rimesso perlomeno nelle condizioni in cui era prima del terremoto? Non ci crederete, forse, ma il 70% delle persone che hanno avuto danni non ha ancora potuto rientrare nelle loro case, perchè i rimborsi dallo Stato, necessari a fare i lavori, non sono mai arrivati. Il 30 novembre è scaduto il termine della sospensione provvisoria gentilmente concessa dallo Stato italiano ai terremotati. Ora, oltre a non aver avuto nulla, ci faranno pagare le tasse su ciò che non possiamo usare, però 100 milioni da dare per il terremoto del Belice (1968), lo Stato italiano li ha trovati e spediti subito, proprio una settimana fa.
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