Lettere al direttore

A Vittuone confronto con la “a – politica” e la conseguente penetrazione mafiosa del territorio

Alle ore 21 del 30 ottobre u.s. appuntamento partecipatissimo presso il Municipio di Vittuone, per un confronto con la a-politica sulla penetrazione mafiosa del nostro territorio.ì mi sono trattenuto dall’intervenire, cosciente che sarei andato fuori degli argini quando invece, bisognava rispettare i ruoli e gli spazi istituzionali. Infatti soprattutto nel dibattito gli interventi, talvolta molto articolati, non sono mancati.

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la scala Rho b&b

Antonio Cipriani e Luigi Dell’Acqua

 A parte la convergenza di pensiero, naturale forse in forza della comune fede e “meridionalità” con Antonio Cipriani che poi è, tra i patrocinanti (ACLI, Lega Ambiente, Comune di Vittuone) il moderatore della serata, la mia prima attenzione è andata a colui che considero il mio sindaco di adozione: il prof. Luigi dell’Acqua, per l’appunto sindaco di Ossona.

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Ma proprio per la confidenza con lui avviata, se fossi intervenuto mi sarei cimentato nel dimostrare che quando la politica è “Politica”, essa ha già in sé dignità altissima, quindi credibilità e quanto serve per essere maestra che elargisce ricchezza ai cittadini (ivi compresi i politici) in termini di rispetto dei diritti e doveri. La politica non si educa perché essa è “educazione educante” (Aristotele?). E la stessa è tale quando non si prescinda da “presupposti ideologici” che la referenziano: perciò essa, a quanti le sono fedeli, dà autorevolezza che postula poi, per tutti, reciproco rispetto. Il rispetto, come dice bene l’amico Luigi, genera il dialogo “tra pari” ove pari è la dignità nella persona umana… in perenne crescita: appunto, “non si è mai arrivati”.

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Fabrizio Bagini, sindaco ospitante, Francesco Prina, Massimo Gargiulo e Marco Invernizzi, sindaco di Magenta

Alcune scarne ma focalizzanti citazioni del Sindaco ospitante (Umberto Eco, Umberto Calimberti, Pasolini) e poi il Consigliere regionale Francesco Prina che si concentra sui concetti di formazione delle coscienze (binomio coscienza civile-civica). “Certamente questo è un dato che interpella la responsabilità di filoni storico-culturali del mondo cattolico ma anche socialista e liberale: perché l’Italia ha così poca coscienza civica? perché tanta involuzione?” Mi pare di poter qui soggiungere che il ricorso alla coscienza come “giudice di ultima istanza” sia un assunto rivalutato dal concilio Vaticano 2° e perciò, qualunque sia lo schieramento di riferimento, emerge che il Consigliere Prina ha “sicuri” referenti nella grande cultura.

Massimo Gargiulo di Quaderni del Ticino, con una visione non localistica, quindi non relativa solo a Vittuone, stigmatizza l’astensionismo come veicolo privilegiato per l’infiltrazione della mafia nelle istituzioni anche del territorio e poi, richiamando Dossetti, aggiunge come “la rivoluzione che dovevamo fare cominciava dalla burocrazia” dato che i partiti “geneticamente” non sono in grado di autoriformarsi. E infine un auspicio: non demonizzare la politica ma neanche assolverla.

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Marco Invernizzi, sindaco di Magenta, giunge in breve al cuore del problema: la permeazione mafiosa della Lombardia è stata possibile per una serie di situazioni che trovano “forma-sintesi” in quella “assenza del senso di cittadinanza” che è poi misconoscimento del binomio diritti-doveri permeato dal fuorviante concetto di “libertà come esigenza assoluta di mancanza di regole”. E dunque non più il primato della coscienza ma quello dell’economia, dell’utile, del tornaconto immediato, quello che altri aveva chiamato il miraggio del “bene particulare”.

Marco Invernizzi deve essere un uomo e un padre fortunato se è capace di esprimere con tanta forza che il vero problema di questa nostra società (io dico di ogni società) è “il silenzio dei giovani”. Perciò egli non si ferma all’enunciato ma passa alla prassi che poi è “cultura” prima che politica: confrontarsi con le “domande scomode” dei giovani. L’averli i giovani non solo tenuti vicino, l’averli ascoltati, aver dato loro fiducia, ha prodotto nella sua esperienza di sindaco, correnti di simpatia (nel suo significato etimologico) da cui il riemergere dei “valori” patrimonio degli “animi giovani”.

L’avere “accompagnato” un giovane a ogni assessore è la più interessante “trovata educativa”. Educazione, ovviamente, nel suo preciso significato dello “edùcere”, cioè del far venir fuori dal profondo della “identità” dell’io-persona, le potenzialità di crescita, per l’appunto “i valori”! Ma così siamo tornati alla “maieutica” di Socrate, prima pietra del “pensiero occidentale”.

Io al sindaco Invernizzi

Al sindaco Invernizzi ho voluto dirlo in un flash che “il silenzio dei giovani” è un pericolo ricorrente tant’è che proprio “Il silenzio dei giovani” negli anni 60, appena rientrato a scuola non più da allievo, lo ritrovai in bella mostra come titolo del libro del futuro senatore Mario Elia. Ma poi venne il ’68 e quella volta il silenzio divenne fragore irrefrenabile dalle rovinose conseguenze.

Eppure si proveniva allora da un periodo di “grazia”: il Concilio Vaticano 2° aveva aperto le vie del dialogo: la verità sull’uomo! Perché le speranze appena prospettate hanno visto un così oscuro black-out?
Sto leggendo di questi giorni una considerazione che potrebbe apparire banale: Papa Giovanni che pure aveva redarguito “i profeti di sventura”, credendo che la Provvidenza e lo Spirito Santo si manifestasse nel “sacrosanto concilio” …si contentava che le decisioni conciliari venissero prese a maggioranza. Paolo 6° (l’amletico!) pretese che le decisioni venissero prese all’unanimità.

E quando questa invocata unanimità non si profilò, egli avocò a sé, in costanza di Concilio, la decisione. Così fu per il controllo delle nascite ma la più grave “avocazione”, ad avviso di molti, fu quella di non lasciare che il Concilio procedesse alla “riforma” della Curia Romana. E in ciò dovette essere l’inizio della fine! La forza propellente del Concilio venne fatta rientrare, a Concilio chiuso, nel “sopire… troncare”.

La valenza universale, cioè cattolica della Chiesa conciliare rientrò nel “quietismo” vigile della curia: normalizzazione. Perciò alla domanda posta dal sindaco Invernizzi: perché l’Italia non manifesta una dignità pari a quella di altri Stati di civiltà avanzata, si potrebbe rispondere con uno studio ad hoc: l’Italia, Roma con il papato di Giovanni 23° aveva avuto l’opportunità di essere centro veicolante di incontro delle culture e delle politiche. Se quel clima fosse durato, probabilmente il ruolo di Aldo Moro, la sua vita e la storia d’Italia avrebbe avuto diverso, più prestigioso epilogo. 

Alla fine, in soldoni, è mancata al mondo, all’Italia in particolare, la forza della Speranza che la “fede semplice” di un papa aveva offerto come “dono” di Dio. Con questo posso  dire che l’incontro sulla politica del territorio a Vittuone ha portato a riscoprire significati che parevano dimenticati.

Nota della redazione
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Giuseppe Castellese

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2 pensieri riguardo “A Vittuone confronto con la “a – politica” e la conseguente penetrazione mafiosa del territorio

  • ottimo Giuseppe, credo che la tua relazione sia stata davvero corretta e portatrice di dialogo

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