Prendimi per mano. Percorso gratuito per i bambini di Corbetta
Prendimi per mano è un’emozionante collaborazione tra lo Spazio Montessori di Cerello, frazione di Corbetta, e lo Studio Stregatto di
Ossona – Questa notte dopo una malattia che durava da qualche mese è morto Osvaldo Vignati. Aveva 93 anni, vissuti intensamente. I funerali domani pomeriggio, mercoledì 4 ottobre alle 14.30, nella chiesa di San Cristoforo a Ossona. Alle 14 la recita del del Rosario. Osvaldo sarà poi seppellito nel cimitero di Casorezzo. La salma riposa presso la camera mortuaria dell’ospedale Fornaroli di Magenta
Osvaldo era un di quegli uomini un pò burberi e dal cuore grande. Intelligenza, intraprendenza e precisione erano le sue qualità. Era difficile competere con lui. Si era diplomato come perito meccanico dopo essere stato alla scuola Rinnovata di Milano. Dalla Pizzigoni, come si siceva a Milano.
Erano tempi duri, e Osvaldo aveva compiuto 18 anni nel luglio del 1945. Lo avevano mandato al fronte e poi nei campi di lavoro in Germania. Da soldato aveva girato tutta la Germania a piedi, da campo a campo. Era stato a Dresda, sotto i bombardamenti americani, poi ad Amburgo. L’8 settembre si era svegliato e i suoi ufficiali erano spariti. Allora era tornato a casa a piedi. Quando arrivò a Milano dovette prendere quasi subito una decisione. Scelse la Rsi, per evitare rischi alla sua famiglia, ed entrò così nel genio reparto telegrafisti.
Dopo la guerra iniziò a lavorare come meccanico e negli anni sessanta decise di mettersi in proprio. Il suo primo capannone fu nella corte dei Berra. Molti lo ricordano perchè costruiva i cestelli per le biciclette di cui aveva il brevetto. Si ingrandì fino a creare due aziende, insieme al figlio Enrico. Costruivano espositori in filo di ferro nei capannoni prima in vicolo Parrocchiale poi in via 25 aprile. Ha lavorato in azienda fino a 83 anni. A Ossona ha tanti amici. Persone che lo ammiravano e rispettavano. Era un papá e un nonno amatissimo.
Il mese scorso, quando già sapeva che non sarebbe vissuto ancora a lungo, aveva ricevuto una cartella esattoriale errata da 64mila euro con allegato un bollettino postale precompilato di eguale cifra. “Hinn matt” aveva commentato ridendo.
Osvaldo era mio suocero. “Ciao straniera” era il modo in cui mi salutava per farmi notare che non ci eravamo visti spesso come avrebbe voluto. Avevamo i nostri riti. Il caffè e il cappuccino con la brioche al cioccolato al bar del dell’ospedale Fornaroli, quando lo accompagnavo a fare degli esami, oppure al bar di Casorezzo quando si andava a ritirare la pensione. Io e lui soli al tavolino a parlare di Bossi, di Salvini e di Berlusconi, senza interferenze e senza posizioni. Io che gli raccontavo e lui che mi dava la sua opinione e anche alcune direttive. Poi andava a prendere la gazzetta, “non voglio diventare un vecchio stupido” diceva. Non era possibile. Non ha fatto resistenza alla morte, ma ha tentato di governarla e tenerla sotto controllo. Non rifiutava le cure, era ben conapevole della malattia e che si avvicinava la fine, ma decideva lui “quando” e “se”. Se ne andato così, al culmine di una crisi respiratoria, durante il sonno, dopo aver salutato i suoi cari e ricevuto l’estrema unzione.
Articolo aggiornato il 03/10/2017 17:39