La diga di Mosul, tallone d’Achille dell’Iraq, e l’Isis lo sa

La gran parte delle notizie che riguardano il conflitto attualmente in corso fra lo Stato Islamico ed il governo iracheno fanno riferimento ai combattenti intorno alla città irachena di Mosul, attualmente riconquistata dai peshmerga alle milizie di islamiste al-Baghdadi. Questa città, la terza del paese per popolazione nonché antica capitale della civiltà assira, da il nome ad una delle più grandi infrastrutture della zona, la diga di Mosul.

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Costruita durante la dittatura di Saddam Hussein, ad oggi la diga rappresenta sia la più grande riserva idrica del nord del paese, sia una delle fonti di energia elettrica più importanti dell’intero Iraq con una produzione a pieno regime di 750 MW (giusto per fare un piccolo paragone, la centrale elettrica annessa alla diga di Ronco Valgrande una produzione massima di 800 MW). Ma, molto probabilmente, l’ISIS ha deciso di occupare la diga per uno scopo molto più subdolo: dotarsi di una delle armi potenzialmente di distruzione di massa più “non convenzionale” della Storia.

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Durante l’occupazione in seguito alla caduta di Saddam Hussein, uno studio condotto dal corpo del genio dell’esercito degli Stati Uniti rivelò Una terribile verità legata al sito di costruzione; gran parte della diga è stata costruita sopra un deposito di gesso che, naturalmente, si scioglie a contatto con l’acqua. Per questo motivo fin dal 2007 venivano effettuate “iniezioni” di cemento per sopperire alla dissoluzione del gesso in quella che venne dichiarata una delle dighe più pericolose al mondo.

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Sempre secondo questo studio, un eventuale cedimento della diga sarebbe catastrofico per l’intero Iraq, poiché i circa 11 milioni di metri cubi di acqua del bacino travolgerebbero tutta la valle del Tigri arrivando perfino a minacciare Baghdad 400 chilometri più a valle. Chiaramente il governo iracheno era fortemente terrorizzato dall’idea che l’ISIS potesse usare la diga come arma di rappresaglia per distruggere l’Iraq in caso di mancata conquista, perciò il 16 agosto venne lanciata un operazione congiunta fra forze di terra irachene, phesmerga e raid dell’aviazione statunitense che riuscì in tre giorni a liberare la diga. Secondo fonti governative irachene più di 170 bombe, pronte a distruggere la diga, vennero rimosse dagli artificieri durante e subito dopo la riconquista della diga.

Nonostante questa volta per l’Iraq sia stato scampato al grave pericolo, la diga rimane una delle chiavi per il controllo dell’intero paese, con la sua “capacità” di far fiorire l’intera Mesopotamia oppure di annegarla. Dopo questi eventi sappiamo una cosa in più sull’ISIS: conoscono questa debolezza della nazione e sono disposti a tutto pur imporre al mondo le loro malsane idee. Se il popolo iracheno non riuscirà fermare l’ISIS, sarà l’ISIS a distruggere l’Iraq.

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Nota della redazione
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Articolo aggiornato il 17/02/2015 20:27

Cristopher Venegoni

Sono nato e cresciuto tra Arluno e Ossona e studio giurisprudenza. la mia passione sono gli aerei e il volo, per questo sono guida volontaria al Museo di Volandia, Varese.

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