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Israeli not welcome e la Global March to Gaza: essere tra il senso di colpa sull’antisemitismo e la protesta per il genocidio di Gaza

“Israeli not welcome” è lo slogan di alcuni manifesti apparsi a Milano con cui si chiedono sanzioni economiche contro Israele. Siamo portati a generalizzare, identificando  lo stato di Israele e i suoi governanti con gli ebrei, però in Europa, e in Italia, ogni gesto che evoca esclusione o discriminazione nei confronti di una collettività nazionale o religiosa viene esaminato con attenzione, anche alla luce del riemergere dell’antisemitismo in varie forme.

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E’ altrettanto vero, però, che, nel pieno di una guerra brutale come quella in corso a Gaza, migliaia di persone si stanno mobilitando per chiedere l’immediato cessate il fuoco e l’accesso agli aiuti umanitari, accusando Israele di violazioni sistematiche del diritto internazionale, e anche del comune senso di umanità.

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L’orrore per il genocidio contro i palestinesi di Gaza, che ha fatto persino dimenticare che è la risposta al terribile attacco di Hamas contro gli israeliani del Kibbutz Mefalsim nel 2023, e il senso di colpa nei confronti degli Ebrei per le leggi antisemite del periodo del fascismo sono due sentimenti che si uniscono in una delle grandi contraddizioni del nostro tempo.

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Forse è in questo modo che dobbiamo leggere quanto sta succedendo in questi giorni a Milano

Questa mattina è infatti stata diffusa la notizia che nella notte tra il 26 e il 27 giugno, la Polizia di Stato ha avviato accertamenti in diverse zone di Milano per l’affissione illecita di manifesti con la scritta “Israeli not welcome”.

I cartelli sono apparsi su muri e spazi pubblici in grande numero, affissi senza chiedere permesso e senza pagare la tassa di affissione, e hanno attirato l’attenzione dei poliziotti in pattuglia che alla fine hanno fermato 6 ragazzi – tre uomini e tre donne – che trasportavano altri manifesti identici. 

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La polizia fa sapere che le verifiche sulle persone sono tuttora in corso, anche attraverso la visione delle immagini delle telecamere di videosorveglianza, e i primi riscontri sono già stati trasmessi alla Procura di Milano per le valutazioni di competenza.  I 6 ragazzi rischiano una forte multa amministrativa per le affissioni ma rischiano accuse peggiori .

Critica a Israele o messaggi d’odio?

L’affissione dei manifesti apre infatti un dibattito spinoso: dove finisce la libertà di espressione e dove inizia l’incitamento all’odio? “Israeli not welcome” deve essere letto come un messaggio contro il governo di Tel Aviv, accusato a livello internazionale per le operazioni militari nella Striscia di Gaza, ma rischia di venire interpretato anche come un attacco generalizzato a un’intera nazionalità, o peggio, all’identità ebraica.

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A Bruxelles la protesta contro il governo di Israele si fa globale

Contemporaneamente ai fatti di Milano, a Bruxelles è in corso una settimana di mobilitazione promossa dalla rete Global March to Gaza, un movimento civico nato dal basso, su iniziativa di sanitari, operatori e attivisti impegnati nei territori palestinesi. La mobilitazione, attiva dal 23  giugno ad oggi,  27 giugno, riunisce delegazioni da oltre 50 Paesi e si svolge nei pressi delle istituzioni europee.

Gli organizzatori accusano l’Unione Europea di silenzio e complicità nei confronti delle operazioni militari israeliane a Gaza e Cisgiordania, che definiscono apertamente come “genocidio”. Le richieste sono chiare: cessate il fuoco immediato, apertura del valico di Rafah, sanzioni economiche contro Israele, giustizia internazionale per i crimini di guerra e fine della collaborazione accademica con le università israeliane. In questo contesto sembrano inserirsi i Manifesti di “Israeli not welcome”

Una marcia interrotta, ma non fermata

Nei giorni scorsi, numerosi partecipanti alla Global March si erano riuniti in Egitto con l’intento di entrare a Gaza attraverso il valico di Rafah, chiuso da mesi. Tra loro anche centinaia di attivisti provenienti da tutto il modno, fra cui molti italiani, bloccati sul confine dalle autorità egiziane. Secondo il comunicato stampa della delegazione italiana, le pressioni israeliane avrebbero determinato le misure repressive adottate dal Cairo.

L’atteggiamento dell’Egitto non deve sorprendere. Si sa che fra le popolazioni arabe non c’è molta solidarietà. L’azione degli attivisti, però, non si è arrestata: mentre gli attivisti premono sul confine fra Egitto e Palestina, la protesta si è spostata a Bruxelles per fare pressione politica diretta sulla Commissione e sul Consiglio europeo.

La delegazione italiana, che ha da poco avviato un processo di riorganizzazione interna con una struttura orizzontale, sottolinea di essere indipendente, apartitica e autofinanziata. Chiede sostegno tramite donazioni e appelli pubblici per continuare a garantire logistica, materiali e supporto ai manifestanti.

La complessità del dissenso

L’episodio milanese e la marcia a Bruxelles mostrano due facce della stessa medaglia: da una parte, la tensione tra libertà di critica e tutela delle minoranze; dall’altra, la crescente mobilitazione civile che chiede un cambio di rotta nella politica estera dell’Unione Europea. È in questa zona grigia che si gioca il futuro del dibattito pubblico, dove ogni parola – “Israele”, “sionismo”, “Palestina”, “antisemitismo” – può diventare un detonatore.

In mezzo ci sono le istituzioni, chiamate a distinguere tra atti d’odio e proteste legittime. E c’è la stampa, a cui spetta l’onere di raccontare, con rigore e senza slogan, la complessità del presente. E soprattutto senza il timore di essere accusata di antisionismo se nomina Israele.

Nota della redazione
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Ilaria Maria Preti

Giornalista, metà Milanese e metà Mantovana. Ho iniziato giovanissima come cronista, critica gastronomica e politica. Per anni a Tvci, una delle prime televisioni private, appartengo alla storia della televisione quasi nella stessa linea temporale dei tirannosauri. Dal 2000 al 2019 speaker radiofonica di Radio Padania. Ora dirigo, scrivo e collaboro con diverse testate giornalistiche, coordino portali di informazione, sono una Web and Seo Specialist e una consulente di Sharing Economy. Il futuro è mio

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