La rivolta della scuola. Docenti e amministrativi scendono in piazza
Precariato, salari bassi e mancato rinnovo contrattuale sono solo la punta dell’iceberg. Ormai è ufficiale: il mondo della scuola si mobilita martedì 27 maggio alle ore 15:30 con un “flash mob” pacifico che si svolgerà nelle piazze di Roma, Milano, Bologna, Napoli, Genova ed altre città. In questo articolo raccontiamo da cosa ha preso forma la protesta dei docenti e del personale della scuola.
Il flash mob

Docenti e ATA (personale scolastico) non ne possono più. Resteranno immobili per 8 minuti tenendo in mano degli oggetti simbolici per rappresentare la loro condizione nella scuola pubblica e per chiedere dignità, rispetto, riconoscimento. Stanchi di un contratto nazionale bloccato dal 2021; stanchi di vane promesse; stanchi della mancata tutela dei sindacati. Docenti e personale scolastico hanno deciso di passare autonomamente all’azione.
Dopo un passaparola via social, scenderanno in piazza per dare corpo alle loro rivendicazioni: a Roma l’appuntamento è previsto a Montecitorio, di fronte alla Camera dei Deputati; a Milano in Piazza della Scala, di fronte a Palazzo Marino.
Un CNNL fermo dal 2021 mentre il costo della vita è raddoppiato
I dati parlano chiaro: la progressione stipendiale degli insegnanti è ferma da vent’anni. Nel frattempo le condizioni di lavoro negli istituti scolastici statali sono peggiorate:
- strutture vecchie e non adeguatamente manutenute che talvolta cadono letteralmente a pezzi;
- docenti precari costretti a “migrare” ogni anno da un istituto all’altro con contestuale disorientamento degli alunni che non riescono più ad avere una continuità didattica;
- stipendi che risultano essere i più bassi in Europa a fronte di un costo della vita, specie nelle grandi città, sempre più “svizzero”;
- mancato riconoscimento professionale per alcune figure del personale amministrativo e educativo.
Lo ricordiamo: il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) 2022-24 per il comparto scuola era tornato sul tavolo delle trattative a febbraio quando i sindacati erano stati convocati per avviare il negoziato su un contratto già scaduto il cui mancato rinnovo, lo si sapeva già, avrebbe avuto ricadute disastrose su quello del triennio successivo. E così è stato.
Cuneo si, cuneo no, cuneo forse…
A causa di ritardi nell’aggiornamento della piattaforma software di NOI PA (quella del Ministero delle Finanze che emette le buste paga), almeno questa è stata la spiegazione ufficiale, ai lavoratori della Pubblica Amministrazione (docenti e ATA inclusi) non è stato applicato l’adeguamento del cosiddetto “cuneo fiscale”.
Una misura che il Governo avrebbe dovuto adottare fin dall’inizio dell’anno a sostegno dei redditi dei lavoratori dipendenti per rimodulare le aliquote IRPEF da applicarsi all’imponibile, con un conseguente aumento retributivo netto, in alcuni casi prossimo anche ai 100 euro lordi al mese.
Invece dell’aumento, i lavoratori della P.A. si sono ritrovati, oltre ai nuovi scaglioni, una sorta di “prelievo forzato” causato dalle addizionali regionali e comunali maggiorate oltre alle precedenti agevolazioni cancellate.
In sostanza tutti gli stipendi hanno registrato un calo dai 100 ai 250 euro netti circa. Nel frattempo il fantomatico cuneo fiscale è slittato di mese in mese, fino a data da destinarsi, per non meglio precisati motivi, lasciando spazio all’affanno provocato da retribuzioni sempre meno allineate al costo della vita e all’incertezza alimentata dai mancati impegni assunti dal Governo.
Nessuna spiegazione convincente è stata fornita e persino il ventilato recupero degli arretrati, di circa 400 euro (forse disponibile, a giugno, per alcune fasce di reddito ma non per tutte) non sembra certo sufficiente a coprire l’ammanco di questi mesi.
I soldi del PNRR non arrivano e le scuole non pagano
Bisogna sapere che con i soldi del PNRR le scuole, da ormai due anni, hanno avviato tutta una serie di attività come corsi di recupero a favore degli studenti svantaggiati o a rischio di dispersione, laboratori per ampliare l’offerta didattica e nuove dotazioni e progetti di rinnovo degli ambienti scolastici.
Eppure molti docenti e formatori, a distanza di più di un anno, non sono stati pagati in quanto le scuole non avrebbero più soldi. Questo nonostante lo strombazzato decreto attuativo firmato dal Ministro Giorgetti per semplificare le procedure con cui le Amministrazioni Centrali avrebbero dovuto erogare le risorse finanziarie necessarie, fino alla soglia complessiva del 90% del costo dell’intervento a carico del PNRR, entro il termine di 30 giorni dalla data di presentazione della richiesta di trasferimento da parte del soggetto attuatore.
Tutto ciò ha determinato una diffusa sensazione presa in giro che sta facendo sì che molti docenti inizino a disertare gli incarichi finanziati con i fondi del PNRR. Aggiungiamo che la paura di superare lo scaglione IRPEF e gli stipendi ridotti fa il resto, innescando in chi lavora la convinzione che sia meglio non fare più dello stretto necessario “altrimenti poi si finisce con il restituire allo Stato tutti i soldi guadagnati con tanti sacrifici”.
Forse per certe attività aggiuntive non sarebbe il caso di applicare almeno un tassazione agevolata se non addirittura una completa detassazione?
Precari “Usa e getta”
Con la chiusura di ogni anno scolastico si avvicina per moltissimi insegnanti precari il momento di presentare la domanda di indennità di disoccupazione (Naspi). Intanto non si capisce perché la modalità dell’erogazione della Naspi preveda che la prima settimana di disoccupazione non venga pagata. Non si è mai capito.
Probabilmente si pensa che una settimana di digiuno faccia bene ad una persona che ha appena perso il lavoro? Mah! Ad ogni modo, non sarebbe il caso che anche tutti gli insegnanti precari (inclusi anche quelli destinatari del cosiddetto spezzone, ossia una sorta di part-time) venisse riconosciuto di default almeno il contratto annuale a tempo determinato con scadenza al 31 agosto invece che al 30 giugno?
Oppure lo Stato aspira a emulare il caporalato, mettendo ogni anno a carico dell’INPS i suoi “stagionali” scolastici? Non sarebbe il caso di offrire un modello migliore di comportamento invece che deteriore?
I pasticci del concorso PNRR2
Oltre a quanto già raccontato in un precedente articolo, alcuni docenti intervistati dalla nostra redazione ci hanno segnalato che sono stati convocati per due classi di concorso nello stesso giorno in due città diverse, sono stati convocati in concomitanza con gli scrutini e sono stati convocati in concomitanza con gli esami scritti di terza media, per i quali è richiesta obbligatoriamente la loro presenza. A noi sembra davvero incredibile…
Il ministero non paga i ricorsi vinti della carta del Docente
La Carta del Docente è un bonus annuale di 500 euro per gli insegnanti. Questo bonus permette di finanziare corsi di formazione, aggiornamento professionale, acquisto di libri e strumenti tecnologici. Negli ultimi anni molti sono stati i ricorsi vinti anche dai docenti precari con contratto annuale per accedere a questo bonus.
Tuttavia il Ministero si rifiuta sistematicamente di dare esecutività alle sentenze. Lo Stato dovrebbe dare il buon esempio, e invece non lo fa. Tanto più che la maggior parte dei docenti precari userebbe quei fondi per pagarsi il corso di “abilitazione”, dal prezzo che va dai 2.000 ai 2.500 euro più i costi accessori, senza il quale non sarà possibile nemmeno più accedere ad un qualsiasi concorso per l’insegnamento.
In conclusione, questa ed altre istanze saranno elencate in un documento programmatico che i referenti del movimento di protesta consegneranno a chi di dovere al termine del flash mob di martedì 27 maggio.
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