Data Storytelling: la chiave per abitare il nostro domani
Immagina di poter trasformare numeri e statistiche in storie avvincenti che catturano l’attenzione e influenzano le decisioni. Questo è il potere del Data Storytelling: l’arte di raccontare i dati attraverso le tecniche proprie della narrazione. Non si tratta solo di presentare informazioni, ma di creare una connessione emotiva con il pubblico, informando e, contemporaneamente, influenzando in modo efficace. Acquisire questa abilità è fondamentale per navigare nel mondo di domani, che sta già prendendo forma oggi. Sei pronto a scoprire come i dati possono diventare il tuo alleato più potente?
Se dico Storytelling, la prima immagine che mi viene in mente è quella di Max Tooney, il trombettista del film “La leggenda del pianista sull’Oceano” quando, parlando con il negoziante di strumenti musicali a cui sta per vendere la sua amata tromba, dice: “Non sei fregato veramente finché hai da parte una buona storia e qualcuno a cui raccontarla.“
Il Data Storytelling funziona nello stesso modo: non sei veramente fregato finché sai come analizzare i dati e raccontarne il contenuto. Questa pratica non è una novità; è sempre esistita e continuerà ad essere rilevante in futuro. Pensiamo ai risultati di una qualunque elezione politica: ogni parte può rivendicare la vittoria o minimizzare la sconfitta, semplicemente scegliendo come raccontare la storia dei risultati. La chiave sta nel controllo della narrazione, nel modo in cui i dati vengono interpretati e presentati per raccontare la storia desiderata.
L’evoluzione del Data Storytelling
Dicevamo che è sempre avvenuto. In realtà, però, qualcosa è cambiato rispetto al passato: la quantità di dati e la loro disponibilità. Produciamo e abbiamo a disposizione una quantità di dati enorme, che è difficile anche solo immaginare. Ma quel che è ancora più importante è che questa quantità continua a crescere a un ritmo impressionante. La vera sfida oggi non è solo raccogliere dati, ma saperli interpretare e comunicare in modo efficace. Ecco perché il Data Storytelling diventa una skill essenziale: è la chiave per trasformare l’overload di informazioni in insight utili e comprensibili.
L’altro giorno ho letto un post su LinkedIn che recitava: “Il numero di secondi della tua giornata non cambia mai. La quantità di contenuti in competizione per quei secondi, tuttavia, raddoppia ogni anno“. Questo semplice fatto suggerisce la prima regola del nostro nuovo Data Storytelling: qualunque sia l’informazione che vogliamo veicolare dai nostri dati, dobbiamo raccontarla in modo coinvolgente, avvincente, ma, soprattutto, immediato. Le persone hanno a disposizione sempre meno tempo per valutare se un’informazione è di loro interesse, quindi è cruciale catturare la loro attenzione rapidamente e mantenerla viva con una narrazione efficace e interessante.
Lo aveva già compreso Max Tooney: non basta una buona storia, devi avere anche qualcuno a cui poterla raccontare.
Data e Storytelling: un’accoppiata vincente
Ieri sera riflettevo sull’accostamento di questi due termini “Data” e “Storytelling”. A prima vista sembrano mondi distanti. I dati sono numeri: chiari, freddi e oggettivi. Lo storytelling, invece, è immerso nella fantasia, nella narrazione e nell’immaginazione. È profondamente soggettivo: l’autore crea una storia basata su un’idea, mentre il lettore la ricostruisce personalmente. Unire questi due mondi significa trasformare freddi numeri in racconti che risuonano con il pubblico, rendendo i dati più accessibili e memorabili attraverso la narrazione.
Penso a quanto sia evidente il cambio di prospettiva quando leggiamo un libro rispetto a quando leggiamo dei dati. Quando apro un libro, inizio dalla prima pagina e proseguo, capitolo dopo capitolo, fino alla conclusione della storia. Con i dati, invece, la prospettiva cambia radicalmente: si parte dal centro. Per quanto complesso sia il dataset, la prima informazione ricercata solitamente si trova al centro: la media, la mediana o la moda.
Pensiamo a un docente che ha appena valutato i compiti dei suoi studenti. La sua prima domanda potrebbe essere: “Come è andato, in media, questo compito?” Oppure, consideriamo un classico esempio giornalistico: “Aperta la stagione dei saldi: in media spenderemo 127 Euro a testa!“. E ancora: “Per il cenone di Natale, la spesa media per ogni italiano si aggira intorno agli 80 Euro.“. Questi esempi mostrano come il punto di partenza nel Data Storytelling sia diverso, ma altrettanto fondamentale per costruire una narrazione efficace.
Il valore che sta al centro, sia esso la media, la moda o la mediana, ci racconta già buona parte della storia. Se siamo interessati, possiamo approfondire, ma abbiamo già l’informazione chiave. Ecco quindi la prima regola del Data Storytelling in azione. In un libro, l’incipit deve essere avvincente e invitarci a leggere tutta la storia. Con i dati, invece, devo dirti subito “chi è l’assassino”, lasciando a te la scelta di esplorare i dettagli. Questo approccio immediato è essenziale per catturare l’attenzione in un mondo dove il tempo è prezioso e la competizione per l’attenzione è feroce.
Il Controllo dei Contenuti
E questo ci porta diretti al secondo punto chiave, legato alla quantità di contenuti che si contendono i secondi della nostra giornata. Non è una questione così banale, soprattutto perché se non ci stiamo attenti e non prendiamo delle adeguate contromisure, il rischio che corriamo è che il feed dei contenuti che passano davanti ai nostri occhi non lo decidiamo noi, ma gli algoritmi: Google, Facebook, Instagram, Amazon e… compagnia cantante, come si diceva un tempo!
Se da un lato è corretto, ma soprattutto, auspicabile avere davanti agli occhi un feed “limitato” di informazioni da leggere, analizzare, valutare, criticare o a cui appassionarsi,… dall’altro sarebbe altrettanto auspicabile e, soprattutto, corretto che questo feed sia deciso non dagli algoritmi, ma da noi, dal nostro modo di essere e di pensare, dalla nostra storia e dai passi che abbiamo compiuto e che ci hanno portati qui e ora.
Come possiamo fare però? Non sembra un problema di facile soluzione. Questo è vero, ma probabilmente la tecnologia ci potrebbe venire in aiuto, grazie alla tanto temuta Intelligenza Artificiale. Vi starete chiedendo come… seguitemi e proverò a spiegarvi il mio pensiero.
Nei giorni scorsi leggevo di un progetto estremamente interessante portato avanti da Bracco e Centro Diagnostico Italiano, due realtà con cui ho avuto la fortuna di collaborare in passato. Si tratta del progetto “Human Digital Twin”, una sorta di nostro gemello digitale che contiene la nostra storia clinica, i nostri parametri vitali, e tutte quelle informazioni che, grazie all’Intelligenza Artificiale, permetteranno ai medici di offrire una sanità molto più personalizzata, creando di fatto un nuovo concetto di cura.
Il potenziale di un Gemello Digitale Completo
Ispirato dal progetto “Human Digital Twin” di Bracco e Centro Diagnostico Italiano, mi sono chiesto: perché non sfruttare l’Intelligenza Artificiale per creare un gemello digitale completo di noi stessi, che vada oltre l’ambito sanitario? Immaginate di sviluppare una custom GPT con OpenAI, dandole accesso alle nostre email. Analizzando le email ricevute, inviate e le risposte, questa IA potrebbe comprendere i nostri interessi, il nostro stile di scrittura e le priorità.
Il passo successivo sarebbe permettere a questa custom GPT di accedere alle nostre foto, documenti e feed dei social media. Lo scopo è conoscerci a fondo, ma anche consentire all’IA di farci domande su ciò che trova nei nostri dati. Questo processo ci aiuterebbe a capire meglio chi siamo e cosa mostriamo agli altri.
L’obiettivo finale è che questa Custom GPT possa guidare il flusso di contenuti che vediamo ogni giorno. Così, avremmo accesso a contenuti perfettamente in linea con i nostri interessi e pensieri, molto più rilevanti rispetto a quelli selezionati dagli algoritmi tradizionali.
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