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Autolesionismo in comunità per minori. L’assistente sociale nega e blocca i genitori sui social della figlia

Parliamo ancora dei guai combinati dai servizi sociali e dalle assistenti sociali che evitano di prendersi cura dei ragazzi e causano loro dei danni tremendi di cui colpevolizzano poi i genitori naturali cui li hanno tolti. Abbiam già parlato di altri avvenimenti che riguardano la storia di cui sto per parlarvi. Come al solito la difficoltà è quella di raccontare i particolari importanti senza rendere riconoscibili i protagonisti, e quindi mi perdonerete spero delle imprecisioni che se fossi libera di dire tutto non commetterei.

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Genitori perfetti per il tribunale, ma per gli assistenti sociali sono delinquenti

Abbiamo due genitori adottivi che hanno preso con sè 3 bambini che nessuno avrebbe mai voluto. 3 fratellini cui era bene dare una possibilità di vita normale mettendo migliaia di chilometri fra loro e il paese in cui erano nati, dove avrebbero avuto sulle spalle tutto il peso del passato dei loro genitori naturali senza potersene mai liberare. Una famiglia italiana è stata considerata adatta, dopo essere stata rivoltata come un calzino dal tribunale dei minori, a prendersene curo. Per adottare i 3 bambini ci è voluto coraggio, abnegazione, la consapevolezza di andare a cacciarsi probabilmente in un grande pasticcio e tantissimo amore.

Il segno della malattia psichica per le violenze subite prima dell’adozione

I bambini sono cresciuti, ma le violenze subite da piccoli hanno lasciato un segno difficile da cancellare, che è ricomparso quando delle assistenti sociali hanno deciso di denunciare i genitori adottivi per violenze sui minori in base ai racconti fatti dai ragazzi. E si, hanno tolto degli adolescenti ad una famiglia adottiva più che controllata dal tribunale dei minori, perchè gli assistenti sociali non sono riusciti a capire quando i ragazzi parlavano della mamma e del papà naturali e quando invece parlavano di quelli adottivi.

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Una frase come “La mamma mi ha fatto tanto male” ad esempio, è stata interpretata come se fosse rivolta alla mamma adottiva. In tribunale penale la cosa non ha retto. la denuncia è stata archiviata, tanto era inconsistente, però i ragazzi che erano stati allontanati e ricoverati in diverse comunità per minori. Sono passati due anni e, nonostante tutte le assoluzioni sono ancora in comunità.

Non sono ragazzi che dopo quello che è successo possono tornare a casa come se non fosse successo nulla. I problemi psichici che avevano si sono aggravati, ma questo pare non preoccupare il servizio di assistente sociale, in particolare una assistente sociale che non adempie alla prescrizione del giudice che ordina il ricovero di una delle ragazze in una comunità terapeutica. Il risultato della diatriba è che la ragazzina lasciata a sè stessa in una comunità per minori non terapeutica ha iniziato a tagliuzzarsi e ad avere dei comportamenti autolesionistici che gli educatori della comunità non sanno come affrontare.

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I social

La ragazzina posta su un social la sua foto, in cui i genitori vedono chiaramente i segni di degli atti di autolesionismo. Ha le braccia tagliuzzate e tanti lividi. Si spaventano, chiamano l’assistente sociale. L’assistente sociale nega che l’autolesionismo sia avvenuto. Poi, durante una video chiamata cui erano presenti l’assistente sociale e i genitori, la ragazzina dice di aver tentato di tagliarsi i polsi e le braccia. L’assistente sociale scrive quindi una relazione in cui prescrive di impedire ai genitori di vedere i social della figlia. Ha cioè ordinato agli educatori di bloccarli e pare che abbia anche detto alla comunità di non rispondere a mail o chiamate da parte della famiglia e di non collaborare con loro.

Una comunità terapeutica per questa ragazzina

La richiesta dei genitori è che la ragazzina sia ricoverata in una comunità terapeutica specializzata in minori con problemi di autolesionismo, dove può essere curata e dove può riacquistare la serenità e costruire una vita quasi normale. E’ una comunità che non peserebbe sulle casse del comune di residenza della ragazzina.

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Non aggiungo di più. Più scrivo e più rischio di permettere di riconoscere i ragazzi. Ci sono già abbastanza elementi perchè i lettori giudichino da soli l’ efficienza del sistema della gestione dei minori e degli affidi a case famiglia e comunità per minori.

Nota della redazione
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Ilaria Maria Preti

Giornalista, metà Milanese e metà Mantovana. Ho iniziato giovanissima come cronista, critica gastronomica e politica. Per anni a Tvci, una delle prime televisioni private, appartengo alla storia della televisione quasi nella stessa linea temporale dei tirannosauri. Dal 2000 al 2019 speaker radiofonica di Radio Padania. Ora dirigo, scrivo e collaboro con diverse testate giornalistiche, coordino portali di informazione, sono una Web and Seo Specialist e una consulente di Sharing Economy. Il futuro è mio

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