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Quando i cattivi denunciano i giornalisti e i ministri (eh si, c’entra anche Matteo Salvini)

La vita del giornalista, quella del blogger, e anche quella del ministro (quando lo si fa bene), è dura. Ne capitano di tutti i colori. Ogni volta che si racconta una storia, per quanto verificata e con fonte certa, persino quando è di pubblico dominio, c’è sempre qualche “genio” che sporge querela.

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Si va dai pluricondannati in cassazione che si sentono diffamati a mezzo stampa perchè i giornalisti hanno pubblicato la storia della loro rocambolesca cattura al pazzo che vuol denunciare il questore per aver inviato un comunicato stampa con la descrizione dei provvedimenti di pubblica sicurezza presi a nome del popolo italiano. Per non parlare di certi tipi di politici che si arrampicano sugli specchi e sporgono querela per diffamazione a mezzo stampa alla minima critica, o quando li si pesca sul fatto non proprio chiaro e trasparente, o quando gli si dice con chiarezza che non si è d’accordo con loro.

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L’uso strumentale della giustizia come arma per zittire blogger e giornalisti

Non saprei dire se è meglio ora che sono iscritta all’albo dei giornalisti, e mi querelano ogni due per tre perchè racconto la verità, o quando ero una blogger perseguitata da chi sosteneva che non  potevo scrivere perchè non ero iscritta all’albo dei giornalisti. Eh si, sono parecchie le persone che sostengono questa teoria buffa.

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Non c’è verso di spiegar loro che se mandiamo in bambini a scuola perchè imparino a scrivere, è perchè la società ritiene che tutti possano scrivere ed esprimersi attraverso la parola, scritta e pronunciata. D’altra parte la Costituzione difende in modo chiaro il diritto di espressione di ogni cittadino. C’è sempre però chi pretende di zittire il prossimo con la sua arroganza, e quando non ci riesce, usa la giustizia come un’arma.

Siamo in buona compagnia. Matteo Salvini, giornalista, querelato anche da  ministro

Anche il ministro dell’interno Matteo Salvini è querelato e indagato ogni due per tre. Non so più neppure se lo indagano perchè continua a fare il giornalista con i suoi video su Facebook, oppure se lo indagano come ministro dell’interno. Ogni tanto ho qualche dubbio. La cosa certa è però il tentativo di usare la giustizia come un’arma. Le indagini che hanno seguito il caso della nave Diciotti sono imbarazzanti. Certo una indagine da parte della magistratura è dovuta se qualcuno sporge querela.

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C’è l’obbligo dell’azione penale. Un giudice non può leggere una querela e autonomamente decidere che si tratta di una stupidaggine e cestinarla. Può usare tanti sistemi per tentare di aggirare il problema, ma presto o tardi l’obbligatorietà dell’azione penale lo metterà nelle condizioni di dover inviare un imbarazzante avviso di garanzia ad una persona che la prederà male. Magari lo farà dopo anni, quasi decenni. Il che è persino peggio. Altre volte gli indagati non vengono neppure a sapere di esserlo, e l’archiviazione avviene in modo silenzioso e senza troppi traumi. Altre volte, invece, no.

Il sequestro di persona

Il termine sequestro di persona in genere indica che qualcuno ha limitato la libertà altrui con botte, minacce e altre coercizioni  per ottenere qualcosa: un riscatto, una prestazione sessuale, dei beni o la firma su un documento, o il numero della combinazione della cassaforte. E’ la prima volta che si accusa un ministro dell’interno di aver sequestrato delle persone che avevano già compiuto un atto preoccupante per la sicurezza pubblica, come quello di entrare nel paese senza documenti e con un sistema irregolare.

E’ vero che, trattandosi di una indagine, c’è tutto il tempo, per pubblici ministeri e giudici, di decidere che il fatto non sussiste, però è anche vero che una indagine del genere doveva aprirsi e chiudersi nel giro di pochi minuti. II fatti erano noti. I “presunti sequestrati” erano tenuti sotto controllo dalla forze dell’ordine, che erano posizionate sul molo. E’ ovvio che si sa tutto quello che è successo e che non si è trattato di un sequestro.

Le assurdità

Se per un caso assurdo ci trovassimo con la formulazione di una vera propria accusa nei confronti di Matteo Salvini, ci troveremmo anche nella situazione in cui tutte le persone che ora si trovano in carcere, per condanne o in attesa di giudizio, o perchè giudicate pericolose per la società, si sentirebbero in diritto di accusare di sequestro di persona carabinieri, poliziotti, giudici e persino pubblici ministeri. Anche chi è condannato è trattenuto contro la sua volontà. E allora si torna a monte.

Abbiamo qualche cosa che non funziona nel sistema giudiziario, o nel suo accesso, se i condannati e chi si comporta male, ha la faccia tosta di querelare i giornalisti che parlano di loro e delle loro malefatte. Oppure se chi subisce una condanna amministrativa il cui scopo è proprio la pubblicità, con tanto di cartello appeso al vetro del negozio (esercizio commerciale chiuso per ordine del signor questore) vuol denunciare questore e giornalisti per aver pubblicato la storia di un fatto di cronaca  che è già di pubblico dominio.

Nota della redazione
I giornalisti di Co Notizie News Zoom lavorano duramente per informare e seguono l'evoluzione di ogni fatto. L'articolo che state leggendo va, però, contestualizzato alla data in cui è stato scritto. Qui in basso c'è un libero spazio per i commenti. Garantisce la nostra libertà e autonomia di giornalisti e il vostro diritto di replica, di segnalazione e di rettifica. Usatelo!Diventerà un arricchimento della cronaca in un mondo governato da internet, dove dimenticare e farsi dimenticare è difficile, ma dove la verità ha grande spazio.

Ilaria Maria Preti

Giornalista, metà Milanese e metà Mantovana. Ho iniziato giovanissima con cronaca, cibo e politica. Per anni a Tvci, una delle prime televisioni private, appartengo alla storia della televisione quasi nella stessa linea temporale dei tirannosauri. Dal 2000 al 2019 speaker radiofonica di Radio Padania. Ora dirigo, scrivo e collaboro con diverse testate giornalistiche, coordino portali di informazione, sono una Web and Seo Specialist e una consulente di Sharing Economy. Il futuro è mio

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