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Il Rottweiler Cochise impazzito aggredisce il padrone. Gli spara

Lo scorso venerdì a Cornaredo si è sfiorata una tragedia. Cochise, un rottwieler di 16 mesi, ha aggredito i suoi padroni, madre, padre e figlio ventenne. L’uomo è però riuscito a difendere i suoi congiunti e ha sparato al cane, uccidendolo. Il cane, che viveva in famiglia sin da cucciolo, aveva iniziato a dare segni di forte squilibrio mentale non appena uscito dall’infanzia.

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Aggrediva, mordeva ed era diventato pericoloso. Nonostante i tanti costosi esperti, addestratori, comportamentalisti e associazioni animaliste consultate, la famiglia non era riuscita a trovare il modo di cambiare i comportamenti aggressivi del cane.  Il veterinario era giunto a prescrivergli degli psicofarmaci, ma non è servito a nulla. Cocchise era sempre più aggressivo, e avrebbe dovuto essere soppresso, su consiglio del veterinario stesso, fra qualche giorno. Venerdì, però, la situazione è degenerata.

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I fatti

Venerdì sera Cochise ha prima aggredito la donna, non lasciandola uscire dalla cucina, e poi anche il figlio. Nonostante avesse assunto già una dose di tranquillanti, Cochise era sempre più aggressivo.  All’arrivo del padrone, il cane si è rivoltato anche contro di lui. Chiamato d’urgenza il veterinario, questi ha consigliato di dare al cane un’altra forte dose di psicofarmaci, per calmarlo e farlo dormire. Il padrone è riuscito quindi a far scendere il cane in cantina, per dargli il medicinale, ma per sicurezza si è portato dietro la pistola, regolarmente denunciata. Cochise, una volta in cantina e solo con il padrone, ha ricominciato a dare segni di aggressività. Nel momento in cui l’uomo si apprestava a preparare il medicinale, il cane lo ha aggredito. A quel punto il padrone non ha avuto scelta. O la sua vita o quella del cane. Grazie al cielo, nonostante i 58 anni, ha ancora i riflessi pronti e ha sparato al cane, uccidendolo sul colpo. Poi ha chiamato il 112 sia per la denuncia dei fatti sia per l’assistenza sanitaria.Sul posto è arrivato anche il veterinario dell’asl.

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Una tragedia sfiorata

Possiamo parlare di una tragedia sfiorata, perchè poteva finire molto male. Si è corso il rischio che oggi parlassimo dell’ennesimo cane che uccide il padroni. Le premesse c’erano tutte. Una famiglia normale con un grande amore per i cani. Ne hanno sempre avuti. Hanno un bel giardino e sanno tenerli. Prima di Cochise, ci sono stati altri cani, vissuti bene e morti di vecchiaia, dopo essere stati adottati già adulti. Il Rottweiler Zeus con loro era diventato quasi un agnellino. Seven, un altro Rotwailer, anche lui adottato già cresciuto e con la sua personalità, pareva la versione viva dell’orso yoghi, tanto era bonaccione. Insomma cani grandi, di razze non facili da governare,  ma tenuti con tanto amore che avevano presto imparato a ricambiare. Con Cochise, invece le cose non sono andate bene. Passato il periodo della cucciolanza, Cochise ha cominciato a mostrare comportamenti aggressivi. Non si limitava a spaventare i ladri o, al massimo, il postino. Aggrediva i padroni, arrivando a strappare i vestiti, e a mordere con intenzione e forza. Obbediva poco e non riuscivano a fargli cambiare l’atteggiamento.

Ci siamo sentiti soli, non creduti e abbiamo avuto tante porte chiuse in faccia

I padroni si sono quindi rivolti a degli addestratori specializzati, con un notevole dispendio di denaro, per tentare di insegnare al cane delle regole che permettessero la convivenza con la famiglia. Nulla da fare. Dopo più di un anno, il cane, di dimensioni notevoli, era sempre più incontrollabile e aggressivo.

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Nemmeno la somministrazione di psicofarmaci e di tranquillanti aveva migliorato la situazione. Anzi, l’aveva persino peggiorata. Si è tentato di trovargli un’altra sistemazione, ma un cane così aggressivo non lo vuole nessuno.  “Ci siamo sentiti lasciati soli. Non ascoltati e non creduti. Ci hanno detto che non eravamo pronti per tenere un Rotweiler, ma abbiamo sempre avuto cani ed è la prima volta che ci capita una situazione del genere. Non sapevamo più a chi rivolgerci. Ci hanno proposto di metterlo in una pensione specializzata, con costi proibitivi, ma era troppo pericoloso”. 

Hanno detto i padroni di Cochise. “Gli volevamo un gran bene. Abbiamo fatto tutto il possibile per lui. Quello che è capitato è un grosso dolore. Continuo a rivedermi davanti il suo musino di quando era piccolo. Però, di fronte al rischio di perdere la vita, non c’è scelta.”
 Fortunatamente, oggi, grazie alla prontezza di riflessi e alla prudenza dell’uomo, possono parlarne.

Nota della redazione
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Ilaria Maria Preti

Metà Milanese e metà Mantovana. Ho iniziato giovanissima con cronaca, cibo e politica. Per anni a Tvci, una delle prime televisioni private, appartengo alla storia della televisione quasi nella stessa linea temporale dei tirannosauri. Dal 2000 al 2019 speaker radiofonica. Ora scrivo su alcune testate, coordino portali di informazione, sono una giornalista, e una Web and Seo Editor Specialist

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