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Ostara: la Pasqua celtica

Ostara, il periodo che coincide alla festività della Pasqua, è il momento principe della vittoria della Luce sulle Tenebre: simbologia, questa, che ci riconduce ad antiche usanze di origini celtiche.

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In questo articolo cercheremo di analizzare la simbologia che la Pasqua racchiude.
Nella Tradizione celtica a ogni festività corrisponde una divinità, una “forza sottile” che agisce in un momento particolare del ciclo lunare.

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Alla Pasqua o Ostara corrisponde la dea Belisama, la dea dell’Armonia, della Bellezza..
All’Equinozio di Primavera il Sole sorge ad est ed entra a zero gradi di Ariete. In tale periodo, era usanza accendere dei fuochi a rappresentare l’uno la Luce e l’altro l’Oscurità, in una danza immaginaria che durava dalla notte del giorno dell’Equinozio fino al crepuscolo del giorno successivo.

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Simbologia pasquale. Simbologia ostara

L’Uovo rappresenta simbolicamente l’Uroboros, ossia il Serpente primordiale che viene solitamente rappresentato mentre si morde la coda, creando la figura geometrica a forma appunto di “uovo”. Ma l’Uovo rappresenta oltre che gli inizi, anche il simbolo stesso della Vita incarnata nella figura della dea Belisama.
L’usanza di scambiarsi le uova di cioccolato alla mattina di Pasqua e mandare i bambini in giardino a cercare le uova colorate che il coniglio pasquale aveva nascosto, ricordano tempi arcaici.

Interessante tradizione tipica della Pasqua è lo scambio delle uova di cioccolato, in Germania ad esempio vi è l’usanza che i bambini, la mattina della domenica di Pasqua, chiamata Ostern (ma in antico norreno si chiamava “Ostara”), vadano alla ricerca nei giardini delle case delle uova nascoste dal “coniglio pasquale”, in Inghilterra si fan rotolare sulla strada uova sode colorate fino a quando il guscio non sia completamente rotto.

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Questa tradizione è fortemente legata al culto della dea precedentemente descritta, infatti nelle tradizioni pagane si celebrava il ritorno della dea andando a scambiarsi uova “sacre” sotto l’albero ritenuto “magico” del villaggio, usanza che dunque collega Ostara alle divinità arboree della fertilità. Simbolo della dea è la lepre o il coniglio che in realtà rappresenta la stessa divinità che si rende immanente e concepisce se stessa come divinità dei boschi.

Una delle credenze del primitivo era quella che, cibandosi dell’animale simbolo della divinità o meglio espressione stessa della divinità, non faceva altro che rendersi partecipe di quella scintilla di divino che è insita nella sua immanenza.
L’uovo diventa così potente talismano di fertilità e vita come testimoniato dalle usanze delle uova sacre Russe o Ucraine ove il cibarsi di questo alimento celebrerebbe la rinascita del sole e il ritorno delle stagioni dell’abbondanza.

Ostara. La rimembranza dell’essenza silvestre

Come abbiamo potuto notare, quindi, la Pasqua è una festa dalle  origini antichissime e  che si collega ai rituali naturali e alla sacralità degli alberi, essa altro non sarebbe che un’altra forma di venerazione, di quel principio agreste basato sulla morte e rinascita dello spirito della vegetazione rappresentato spesso nell’uccisione e nella risurrezione della Dea Belisama o successivamente dell’Uomo Selvatico.

Si schiude come di incanto la spiegazione di un rituale creduto cristiano ma che affonda le sue radici nel paganesimo, i “sepolcri”, realizzati il Venerdì Santo per il Cristo con piante, spighe e fiori, veri “giardini” realizzati sulla tomba del dio morto creando un legame ancora più stretto tra festività e rituali arborei.

Anche la simbologia dell’agnello o meglio del “capretto” sarebbe strettamente legata al culto arboreo nello stesso significato della lepre per la dea Eostre, dalla quale la festa prende il nome di Ostara. La capra infatti, errando nei boschi, rosicchia le cortecce degli alberi danneggiandoli notevolmente, così solo il dio della vegetazione si nutre della pianta da esso personificata, e dunque lo stesso animale non può che essere sacro.

Come nel caso delle uova, il selvaggio mangiando la carne dell’animale crede di acquistare e assorbire una parte di divinità. Pertanto il cibarsi di animali sacri per il dio è un sacramento solenne come la celebrazione di Gesù, rappresentato da  un Agnello che ancora oggi, in molte parti di Italia si consuma.


La festa del fuoco

Strettamente connesso con i rituali legati alla vegetazione e alla rinascita è la tradizione pasquale di accendere falò. I cosi detti fuochi di gioia da cui poi deriverebbe la tradizione del cero pasquale, ma che ritroviamo poi anche nella festività di Beltane, una delle più importanti “votate” alla dea Belisama.

In Germania ad esempio i contadini raccolgono tutti i rami secchi che trovano nelle loro campagne per poi farne un enorme rogo e spargere le ceneri nei campi per propiziare il raccolto, mentre tizzoni accesi vengono portati all’interno delle case come protezione dagli spiriti maligni. Tali rituali li troviamo anche in molte altre parti d’Europa e nella nostra Gallia Cisalpina.

La spiegazione data è molteplice, per alcuni si tratterebbe di un rito purificatorio, in sintonia con quello che poi sarebbe il significato della Pasqua cristiana, del resto è abitudine spesso bruciare in questi roghi delle effigie stregonesche o un fantoccio costituito da sterpaglie che comunemente viene chiamato “Giuda”.

In realtà la tradizione ben si sposa con il concetto di Magia Imitativa molto caro al primitivo, infatti la festa legata all’equinozio di primavera è strettamente legata alla rinascita del Sole dopo la sua morte, il buio e la luce si equivalgono per poi far prendere il sopravvento di quest’ultima.

I rituali erano così un modo di imitare il cammino dell’astro o ancora di portare in terra parte del suo calore infatti l’usanza di far ruzzolare  ruote infuocate giù per una collina o il correre nei campi con le fiaccole accese  fa proprio passare per una imitazione del percorso solare nel cielo. (Fonti: “La Dea Madre” – Robert Graves.  “Les fêtes celtique” – Le Roux, Guyonvarc’h)

Nota della redazione
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Elena Ailinn Paredi

Mi interesso di tradizioni celtiche, lingua e cultura meneghina

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