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Malala Yousafzai si sveglia e scrive: vuol essere libera

Tutti oramai conosciamo la storia di Malala Yousafzai, la ragazzina  quattordicenne pachistana che scriveva un blog sulla BBC in lingua Urdu, raccontando la sua storia, la sua voglia di istruirsi, di capire, di pensare e di essere libera, e le violenze dei talebani che cercano con tutti i mezzi di impedire che le bambine possano imparare, conoscere e andare a scuola.

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Quella scuola che per i nostri ragazzi è un dovere, quasi un peso, per lei è un diritto da difendere con le unghie con i denti e anche con la vita.
Gli integralisti islamici qualche giorno fa l’hanno aspettata fuori dalla sua scuola a Mingora, nella valle di Swat, e le hanno sparato alla testa. E’ un simbolo anche il bersaglio scelto da quegli uomini senza anima: non le hanno sparato al cuore, ma al cervello, cercando di distruggerla proprio nel punto del corpo in cui risiede il pensiero e la coscienza.

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cambiamenti. Social journalism

Malala Yousafzai curata in Inghilterra

Malala Yousafzai , però, è forte e, dopo le prime cure prestatale nel suo paese, è stata trasferita a Birghignam, in Inghilterra, dove è stata operata. Oggi i comunicati dei medici che la seguono ci hanno dato due buone notizie: la prima è che finalmente Malala si è alzata a sedere sul letto e la seconda è che ha potuto comunicare con i medici per iscritto e sentire la voce del padre al telefono dal Pakistan.

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I medici inglesi hanno assicurato che i danni fatti dalla pallottola al cervello della giovanissima blogger non sono irreversibili. La organizzazioni che lottano per ottenere i diritti civili per le donne nei paesi islamici hanno organizzato diverse manifestazioni anche in Pakistan a favore della bambina  e contro l’integralismo talebano. Ma un altro simbolo della lotta di cui Malala Yousafzai è simbolo viene proprio dalla sua vita. Le hanno sparato al cervello per impedirle di pensare e lei Malala , dal suo letto di ospedale, appena sveglia, ha risposto all’insulto scrivendo, come se ci avesse detto che non c’è nulla che le possa impedire di essere libera di scrivere e di pensare. Come se lo avesse detto agli integralisti islamici.

Nonostante sia stata lei a ricevere quella pallottola, ad essere ferita, Malala Yousafzai ha vinto la sua battaglia, scrivendo. Forse i talebani potranno ancora fare del male a lei o ad altre bambine, per qualche tempo, ma Malala ha segnato la loro sconfitta con quelle poche parole su un foglietto di carta.

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Aspetteremo il primo post di Malala Yousafzai sul suo blog, ma intanto si può leggere la versione inglese del blog che aveva scritto nel 2009. Poi,  speriamo di leggere i blog di tante altre donne che seguiranno il suo esempio. Ragazze e donne pachistane che vogliono far conoscere la loro storia al mondo.
Così Malala e le altre donne pachistane saranno finalmente libere. Quello che prima era un sogno, oggi, grazie a Malala Yousafzai, potrà essere la realtà.

Nota della redazione
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Ilaria Maria Preti

Giornalista, metà Milanese e metà Mantovana. Ho iniziato giovanissima con cronaca, cibo e politica. Per anni a Tvci, una delle prime televisioni private, appartengo alla storia della televisione quasi nella stessa linea temporale dei tirannosauri. Dal 2000 al 2019 speaker radiofonica di Radio Padania. Ora dirigo, scrivo e collaboro con diverse testate giornalistiche, coordino portali di informazione, sono una Web and Seo Specialist e una consulente di Sharing Economy. Il futuro è mio

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